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Channel: Barche&Cantieri – Giornale della Vela – notizie di vela – regate – crociera
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Cata mania: Fountaine Pajot lancia un nuovo 42′

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Il boom dei catamarani è certificato dalle numerose novità promosse dai cantieri nelle ultime stagioni e dal fatto che anche i marchi storicamente dediti solo al mondo dei monoscafi stanno differenziando la loro produzione inserendo anche dei cat. Tra le ultime novità in arrivo da questo mondo va segnalato sicuramente il nuovo Fountaine Pajot 42, che prosegue la tendenza e lo stile già inaugurato con il Saona 47.

Anche il nuovo 42 è stato disegnato da Berret Racoupeau Yacht Design e infatti ricorda lo stile del fratello maggiore in quanto a estetica e organizzazione generale delle manovre. Una catamarano certamente indirizzato in maniera decisa verso la crociera ma che già dai tratti estetici tradisce anche la volontà di ricercare buone prestazioni a vela.

Il nuovo 42 è caratterizzato da un fly bridge con timoneria rialzata sulla quale insistono i rinvii delle manovre sui winch primari. Sempre sul fly bridge, in perfetta linea con la fine del boma, è posizionato un ampio trasto randa.

Gli interni saranno all’insegna di un design raffinato ma soprattutto punteranno tutto sulla luminosità interna garantita dalla finestratura quasi a 360 gradi della tuga.

Lungh. 12.58 m

Largh. 7.20 m

Disloc. 11.5 tonn

Immersione 1.25 m

Sup. vel.  65 m²

Motore 2 x 30 CV

Progetto: Berret Racoupeau Yacht Design

Interior Design Racoupeau design

 

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Legno e carbonio per una barca da regata? Si può, ecco come

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Gli armatori ogni tanto, si sa, hanno i loro “capricci”. E allora può anche capitare di incontrarne uno che chiede una barca dal design moderno e ultraperformante, super leggera, ma costruita in legno. Ed è quello che è successo allo studio francese Thomas Tison Yacht Design & Engineering.

La richiesta era precisa ed è arrivava da un armatore appassionato di regate d’altura ma anche di barche classiche. La volontà era quella di coniugare in un nuovo progetto questi due mondi. Il risultato è stato il progetto di questo 48 piedi, chiamato SY Elida, i cui numeri tecnici non sono ancora stati diffusi.

La costruzione è in corso, la barca verrà realizzata impiegando tavole di un particolare tipo di legno, quello del Sitka, la cui rigidità verrà incrementata con una serie di fasce continue in carbonio e l’utilizzo esclusivo di resina epossidica.

www.thomastison.com

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Un 42 piedi…..Agile! Dall’olanda arriva un bolide in carbonio

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Una barca con tanti elementi custom per navigare veloci e magari vincere anche in regata? Date un occhio alla entry level di Agile Yachts, dall’omonimo cantiere olandese, un 42 piedi disegnato da Simonis Voogd, interessante per chi sta cercando una barca ad altissime performance per regatare in altura o divertirsi in crociere decisamente veloci.

Come i moderni racer anche l’Agile 42 ha la prua inversa sulla quale spicca un importante bompresso, la cui lunghezza pronunciata è fondamentale per sfruttare al massimo le caratteristiche della barca alle andature portanti. Lo scafo è quasi completamente privo di spigoli, se non uno leggerissimo verso poppa.

La tuga, dal disegno morbido e con un piccolo scalino a prua, non è troppo corta in modo da garantire una buona copertura al pozzetto quando la barca naviga con vento forte e diventa bagnata. La costruzione è in infusione sottovuoto con ampio uso di carbonio.

Internamente la barca si contraddistingue per un design essenziale, ma c’è tutto quanto possa servire per una crociera dove non si ricerca un comfort “estremo”.

www.agileyachts.nl

 

 

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X-Yachts rilancia la sportiva di classe, ecco l’X4⁶

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Era il tassello mancante nella nuova gamma di sportive firmate X-Yachts. Era stata annunciata a Duesseldorf (LEGGI QUI IL NOSTRO REPORT DAL SALONE TEDESCO) ma adesso vi mostriamo anche i primissimi disegni. Il nuovo X4⁶ è la barca che mancava e si va ad inserire tra l’X4³ e l’X4⁹, nella serie che comprende anche l’X6⁵. La gamma X si colloca a metà tra la serie XC dichiaratamente da crociera e la serie XP più orinetata verso le performance. Barche facili da condurre ma costruite con la qualità che contraddistingue l’alta gamma del cantiere danese, comode ma al tempo stesso performanti.

Da un punto di vista estetico la nuova arrivata è perfettamente in linea con le “sorelle” più piccole e più grandi. Niente estremismi nei volumi, niente spigoli ma forme rotonde senza eccessi, uscite di prua tirate e rette, tuga con un leggero scalino a prua smussato da una piccola finestratura.

Come tutti i modelli della nuova gamma X si possono scegliere differenti layout per le manovre e per la disposizione degli interni.

DesignerX-Yachts Design Team

Length Overall14.08

Lunghezza scafo 13.50

Waterline Length 12.33

Baglio (max)4.27

Pescaggio standard 2.30

Pescaggio profondo 2.50 m

Peso del bulbo – standard 4500 kg

Dislocamento – leggero10900 kg

Motore (Diesel) 57 hp

Serbatoio gasolio – standard 280 ltr

Serbatoio acqua- standard 360 ltr

www.x-yachts.com/it

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Deputato Mura, ecco le cose da fare per la vela (la teniamo d’occhio!)

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muraA nostra memoria è la prima volta che un velista entra in Parlamento. Andrea Mura, velista dell’anno del Giornale della Vela nel 2014 per meriti sportivi (in calce la sua storia velica), entra con il vento in poppa alla Camera dei Deputati per il Movimento 5 Stelle. Bene, siamo felici che un uomo che ha dedicato la propria vita, sino ad oggi, alla vela sia il primo parlamentare velista. Adesso, una volta insediato, dovrà dimostrare di avere a cuore i problemi che assillano i diportisti, da lui vissuti in prima persona come uomo di mare. Ci permettiamo di suggerirgli una breve agenda degli argomenti “caldi” che riguardano il diporto nautico da risolvere, prima possibile. Caro Andrea, sappi che… ti teniamo d’occhio!

Ecco la nostra agenda per il deputato Mura in dieci punti:

  • Dare seguito subito al nuovo Codice della nautica in modo che entro l’estate vengano emanati i decreti attuativi. Senza questi tutta la riforma rimane lettera morta.
  • Riforma delle aree marine protette con possibilità di sosta per le barche a vela anche nelle zone oggi non visitabili, come le isole di Montecristo, Pianosa ecc.
  • Revisione dei divieti di ancoraggio nei pressi delle coste, dando via libera all’ancoraggio nelle aree dove non recano pericolo ai bagnanti. In parole povere, perché, come in altri paesi, in Italia ci sono divieti di ancoraggio così rigidi?
  • Proposta di un piano nazionale per lo smaltimento delle imbarcazioni in vetroresina (rottamazione) prendendo spunto dalla normativa francese.
  • Eliminare la buffonata del patentino per l’uso del VHF senza alcun esame ma con tassa da saldare.
  • Risolvere il problema delle concessioni demaniali per i porti turistici, separandolo dal caos delle concessioni balneari.
  • Reistituire un ministero del mare. Non esiste da anni in Italia, mentre c’è in altri paesi europei.
  • Rendere obbligatorio nelle scuole elementari un corso di avvicinamento al mare e alla vela, prendendo spunto da quanto fanno francesi e inglesi.
  • Vigilare perché non riprenda la vessazione nei confronti dei diportisti con verifiche senza motivo, invasive e reiterate.
  • Portare avanti una campagna per una reale incentivazione all’acquisto di barche a vela in quanto il miglior mezzo di navigazione ecologico, prendendo spunto da incentivi in campo automobilistico.

CHI E’ ANDREA MURA
Andrea Mura nasce a Cagliari il 13 settembre 1964. Dall’età di 6 anni si dedica alla vela agonistica, collezionando successi e record nelle classi più diverse, che comprendono dieci titoli italiani, due titoli europei nella classe 420, un titolo mondiale Juniores 470, due campagne olimpiche in 470, una in Tornado. Nel 1992 gareggia con il Moro di Venezia per la Coppa America, vincendo due campionati del mondo, uno in Coppa e uno nella classe 50 piedi, e una Louis Vuitton Cup.

Andrea Mura non è solo un atleta: già fondatore nel 1985 della Veleria Andrea Mura Sail Design, Andrea sviluppa soluzioni tecniche innovative che gli valgono l’Oscar come “Miglior Velaio 2005”.

Nel 2007 Andrea lancia una nuova sfida votandosi alla vela d’altura a bordo di Vento di Sardegna, un formidabile Open 50. Vince la Route du Rhum, famosa regata transatlantica in solitario che si svolge ogni quattro anni, 3.543 miglia attraverso le fredde acque del Nord Atlantico, fino ai Caraibi. Con questa vittoria, Andrea è il primo italiano ad entrare nella leggenda. Andrea replica nel 2012 con vittoria e record sia nella Twostar (13 gg 14 h), sia nella Quebec – S. Malò. (11 gg, 12 h). Nel 2013, affronta e vince la terribile Ostar, 2.850 miglia dall’Inghilterra agli Stati Uniti, la più dura delle regate in solitario perché a temperature polari, controvento e controcorrente (il suo tempo: 17g 10h 22m). Andrea nel 2014 è stato il nostro “Velista dell’Anno”.

A novembre 2014 ha concluso al secondo posto (primo dei monoscafi) la Route du Rhum 2014 – Destination Guadeloupe in “Rhum Class”. Andrea Mura ha vinto per la quinta volta la “Roma x 1” nel 2016. Dopo la sfortunata parentesi Vendée Globe, ritorna alla grande con la vittoria, per la seconda volta in tempo reale, della Ostar.

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Quando un Fife del 1930 ti costa come un’utilitaria

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fifeBastano 31.000 euro per diventare armatore di un 8 metri Stazza Internazionale del 1930 firmato William Fife III, Finola. Uno dei gioielli che hanno contribuito a scrivere pagine di storia dello yachting mondiale. A spanne, lo stesso prezzo di una Mini Cooper 5 porte. Non c’è trucco. Da oggi, con quella cifra, potrete diventare co-armatori per un sesto della splendida imbarcazione in legno lunga 14,58 m. Vi abbiamo stuzzicato? Contattate Giorgio Conventi (+39 3476827678), oppure andate sul sito www.borascura.com, per ricevere informazioni in merito all’acquisizione di una o più quote di proprietà di Finola, che adesso è in Adriatico. (foto di apertura di Paolo Maccione)

FINOLA, BARCA DI RAZZA
Finola è stata progettata e costruita nel 1930 dai Fife di Fairlie, in Scozia, una delle più importanti e influenti generazioni di costruttori navali del mondo. La barca, armata a sloop bermudiano e restaurata con un lavoro certosino nel 2012, è costruita in fasciame di mogano, su ossatura in quercia e acacia con la coperta in teak e può esporre al vento una superficie velica pari a 90 metri quadrati. L’albero a due ordini di crocette e il boma sono in legno di spruce. Il motore entrobordo è un Nanni diesel da 21 cavalli.

Foto di Paolo Maccione

LA MULTIPROPRIETA’ FUNZIONA
Spiega Paolo Maccione, giornalista e direttore di “Barche d’Epoca e Classiche”: “L’acquisto in comproprietà di una barca storica, sotto forma di consorzio o piccolo sindacato, è una formula già adottata nel settore della vela d’epoca. Alle regate che si tengono annualmente presso alcune delle più belle località del Mediterraneo, dall’Italia alla Francia alla Spagna, partecipano infatti tante barche condivise da diversi pool di armatori. In questo modo suddividono le spese di manutenzione, ma soprattutto hanno sempre a disposizione un equipaggio per i trasferimenti della barca e la partecipazione alle regate”. Signore e signori, cosa state aspettando?

FINOLA – LA SCHEDA TECNICA
Anno: 1930
Cantiere: William Fife (Fairlie – Scotland)
Progetto: William Fife III (Fairlie – Scotland)
Lunghezza f.t.: 14,58 mt
Lungh. al galleggiamento: 10,60 mt
Larghezza: 2,60 mt
Pescaggio: 2 mt
Dislocamento: 9 tons
Armo velico: Marconi sloop
Superficie velica: 90 mq
Motore: Nanni diesel 21 hp

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Elan E5, il bestseller del cantiere sloveno cambia pelle

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Eliminare la distinzione tra serie S, sportiva, ed E, più orientata alla crociera, per proporre una sola versione improntata a una maggiore versatilità: è questo l’obbiettivo del nuovo Elan E5 che il cantiere sloveno sta per immettere sul mercato. La barca non avrà linee d’acqua e appendici differenti rispetto alla precedente versione, restando quindi dal punto di vista progettuale un vero performance-cruise. A cambiare saranno gli allestimenti generali, che daranno comunque una nuova dimensione a questo modello di successo di Elan Yachts.

La nuova versione, dal punto di vista dell’attrezzatura e degli interni sarà maggiormente orientata verso la crociera: spazio al legno massello e a un livello di rifiniture degli interni più elevato, mentre il lay out delle manovre adesso si ispira adesso all’easy sailing e alla conduzione anche in equipaggio ridotto. Il paterazzo sarà a V rovesciata, per consentire un accesso all’acqua totalmente sgombro a centro poppa. Una coppia di winch, spazio ad Harken per l’attrezzatura di coperta, saranno in posizione più arretrata per portare la scotta randa a ridosso del timoniere. Quest’ultimo potrà godere delle colonnine per le ruote ridisegnate, adesso capaci di ospitare anche il chartplotter. Lo specchio di poppa sarà disponibile anche in versione chiusa ma si traformerà, aprendosi, in un comoda discesa in acqua.

Non si tratta quindi solo di un restyling ma anche di un cambio di filosofia. Per gli amanti delle regate sarà disponibile un pacchetto performance.

www.adriaship.it

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Swan Classic by Frers Association, ovvero il club di cui ogni velista vorrebbe far parte

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Ed ecco un club di cui molti velisti sogneranno di fare parte: non tanto per motivi associativi, quanto perché vorrebbe dire di essere in possesso di barche che sono un “patrimonio dello yachting”, oppure navigarci di frequente.

Gérman Frers

E’ nata la Swan Classic by Frers Association, destinata a raccogliere gli armatori e gli appassionati che navigano sulle barche disegnate negli anni ‘80 dall’architetto argentino German Frers considerato il migliore al mondo per le barche a vela, un progettista che ha saputo lasciare la sua firma e la sua eleganza su decine di barche da regata e da crociera. E’ stato lui stesso a definire i modelli che possono essere ritenuti “classici”, perché hanno le proporzioni e le caratteristiche di un’epoca che ha generato yacht che tuttora sono in primo piano nella lista dei desideri, che sono diventati un alcuni casi veri a propri oggetti di culto.

L’associazione che ha sede a Londra nasce per volere di Marietta Strasoldo, armatrice dello Swan 651 Lunz am Meer, protagonista di numerose regate, e segue le tracce della analoga iniziativa nata qualche anno fa per i progetti realizzati da Nautor di Sparkman & Stephens che è diventata un modello e un esempio. La sua presentazione ufficiale è stata l’anno scorso durante la Rolex Middle Sea Race.

“Abbiamo con noi molti amici armatori come noi di barche di German Frers, che sentivano l’esigenza di condividere la passione per queste barche particolari e uniche – ha dichiarato la fondatrice – l’obiettivo ora è di raccoglierne il più possibile ed arrivare a definire all’interno delle regate esistenti delle classifiche dedicate a queste imbarcazioni ed eventualmente di creare qualche nuovo evento”.

Il cantiere Nautor’s Swan ha assicurato il suo supporto all’iniziativa che esalta la sua spiccata vocazione a creare una grande famiglia di armatori che condividono marchio e passione per la navigazione. Non è un caso che la Swan Cup sia una delle regate più seguite e divertenti , e che sia stata la prima organizzata per i clienti di un solo cantiere.

I modelli scelti sono stati disegnati negli anni 80 e inizio 90 e rappresentano un periodo di particolare successo per Nautor, che si affermava in quegli anni come quello che produceva con il massimo stile e la massima qualità. Le barche naviganti sono oltre 350 e si può affermare che alcuni se non tutti questi disegni hanno segnato un progresso decisivo nello yachting, diventando i più imitati.

Nautor’s Swan è stato fondato nel 1966 da Pekka Koskenkylä, dal 1998 è controllato da Leonardo Ferragamo, passato dal ruolo di armatore a quello di costruttore appassionato. Ferragamo ha acquistato il suo primo Swan nel 1988 ed è stato proprio un 51, il primo disegno di German Frers costruito da Nautor. “La prima volta che sono stato a visitare il cantiere l’ho fatto come armatore del mio primo Swan, un 51 – ha detto Ferragamo – era 10 anni prima del mio coinvolgimento nel cantiere ed ero ammirato. Non era un’industria ma un conglomerato di artigiani”.

Le iscrizioni per gli armatori (fortunati) e gli appassionati di queste barche sono già aperte al dominio www.swanclassicbyfrers.org

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IRC vs ORC: chi fa le barche più belle? Super sfida tra l’NMD 43 e l’Aquatich 40

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Nelle regate a rating, ad alti livelli, non si vince mai per caso. Il risultato è un mix di fattori dove conta senza dubbio la bravura e la tecnica dell’equipaggio ma tutto parte dal progetto della barca, studiato su un regolamento o su un determinato tipo di regate.

Prendiamo come esempio due barche di ultimissima generazione e di recente varo, entrambe costruite con materiali ad alta tecnologia dal cantiere sloveno Oceantec. Uno è un progetto IRC, l’ NMD 43, progettato da Nivelt-Muratet Design. L’altro un progetto ORC, l’Aquatich 40, disegnato da Rob Humphreys.

NMD 43

Acquatich 40

I progetti IRC spesso sono pensati per partecipare alle grandi classiche regate offshore che si corrono tutte con questo regolamento. Fastnet, Middle Sea Race, Sydney to Hobart, RORC 600, regate dove spesso la differenza la possono fare i lunghi bordi alle andature portanti. Ed ecco che infatti l’NMD 43 presenta tutte quelle caratteristiche tipiche della barche IRC che corrono forte al lasco: doppio timone, baglio massimo arretrato che prosegue fino a poppa, chiglia a L per non penalizzare le velocità al lasco con una T rovesciata, spigoli a poppa, tuga leggermente pronunciata per proteggere il pozzetto dall’acqua quando la barca vola ad alta velocità sotto asimmetrico.

NMD 43

Aquatich 40

Tutti elementi che sono generalmente piuttosto penalizzanti con il rating ORC: un regolamento che non premia particolarmente, anzi le danneggia, in termini di rating le barche larghe, con doppio timone e spigoli. Ed ecco che arriviamo infatti al disegno di Rob Humphreys, l’Aquatich 40. Qui gli spigoli a poppa spariscono, il baglio massimo è decisamente più contenuto, i volumi della carena decisamente morbidi e rotondi, la chiglia a T rovesciata. Il disegno della tuga è morbido e vasso sulla coperta, la pala del timone rigorosamente singola.

Scheda tecnica NMD 43

Lunghezza: 13.07 m

Lunghezza al galleggiamento: 11.50 m

Baglio massimo: 4.15 m

Immersione: 2.60 m

Superficie velica di bolina: 105 m²

Dislocamento: 6.500 kg

Scheda tecnica Aquatich 40

Lunghezza 12.20 m

Lunghezza al gall. 11.00 m

Baglio max 3.80 m

Immersione 2.55 m

Dislocamento 5920 kg

Zavorra 3300 kg

Superfice velica di bolina: 97

www.oceantec.eu

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Come si chiama la mia barca con la nuova legge?

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Il nuovo Codice della Nautica (leggilo QUI) ha rivisto la classificazione delle imbarcazioni da diporto. Per non sbagliare, ecco come la nuova legge definisce le barche. Con una polemica, perché le barche sono storiche solo sopra i 24 metri? Tutti le chiamiamo genericamente “barca” ma secondo la legge italiana esiste una nuova classificazione precisa per ogni tipo di barca da diporto. Il nuovo Codice della Nautica, il regolamento che a fine febbraio e’ diventato operativo, anche se mancano ancora i decreti attuativi (maledetta burocrazia!), ha infatti rivisto le categorie con cui devono essere denominate le barche.

State attenti quindi a definire la vostra barca. Sembra tutto semplice, ma in realta’ esistono delle belle differenze che influenzano quale tipo di patente, quale assicurazione e i costi di gestione. Con un’attenzione da da tenere ben presente, non e’ la lunghezza fuoritutto o quella dello scafo a determinare le classificazioni, ma un misura unificata europea che il costruttore vi deve fornire. Un’ultima annotazione: non capiamo perché il legislatore classifica come barche storiche (dal 1967) solo quelle sopra i 24 metri e non anche quelle di lunghezza scafo inferiore. Una svista o una discriminazione? Se volete sapere qual’e’ la definizione esatta con cui la legislazione italiana classifica le barche adibite al diporto, ecco qual’è la nuova classificazione:

LA DEFINIZIONE GENERALE CHE RAGGRUPPA OGNI BARCA DA DIPORTO E’ QUESTA:

– UNITÀ DA DIPORTO È ogni imbarcazione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto

SE LA BARCA SUPERA I 24 METRI DI LUNGHEZZA SCAFO SI CHIAMA IN TRE MODI:

– NAVE DA DIPORTO MAGGIORE è’ un’ imbarcazione con lunghezza scafo superiore a 24 metri e di stazza superiore alle 500 “gross tonnage” ovvero a 600 tonnellate di stazza lorda

– NAVE DA DIPORTO MINORE è’ un’ imbarcazione con lunghezza scafo superiore a 24 metri ma che ha una stazza fino a 500 “gross tonnage” ovvero a 600 tonnellate di stazza lorda

SE LA BARCA SOPRA I 24 METRI DI LUNGHEZZA MA E’ COSTRUITA PRIMA DEL 1967 VIENE DEFINITA:

– NAVE DA DIPORTO MINORE STORICA è’ un’ imbarcazione con lunghezza scafo superiore a 24 metri con stazza fino a 120 “gross tonnage” ovvero 100 tonnellate di stazza lorda, costruita prima del 1° gennaio 1967

SE LA BARCA È LUNGA DA 10 A 24 METRI SI CLASSIFICA COME:

– IMBARCAZIONE DA DIPORTO è’ un’ imbarcazione con lunghezza scafo compresa tra 10 e 24 metri

SE LA BARCA È LUNGA SINO A 10 METRI SI CHIAMA:

– NATANTE DA DIPORTO è’ un’ imbarcazione con lunghezza scafo pari o inferiore a 10 metri. Vi ricordiamo che le barche sotto i 10 metri non sono immatricolate e non necessitano di patente se il motore è inferiore ai 40 cv di potenza. ATTENZIONE! LA MISURAZIONE VERA DELLA LUNGHEZZA SCAFO AI FINI DELLA CLASSIFICAZIONE deve essere misurata secondo la norma armonizzata UNI/EN/ISO/8666.In parole povere il cantiere costruttore dell’imbarcazione fornisce questa misurazione nei documenti, così come i dati relativi alla stazza per le barche sopra i 24 metri.

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Benvenuto Gulliver 57! Al VELAFestival arriva la barca da giro del mondo

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Il Gulliver 57 in navigazione di bolina con vento leggero. Foto Martina Orsini

AL Tag Heuer VELAFestival 2018 ci saranno barche veramente per tutti i gusti e questa è stata già una delle più visitate della scorsa edizione. Dalla matita di Marc Lombard e da un’idea di Carlo Gullotta, diamo il benvenuto al Gulliver 57, una barca gira mondo che promette di essere una delle superstar anche per quest’edizione. Per riassaporarla vi riproponiamo il nostro super test.     

Il nostro test sul Gulliver 57

Arrivati al Marina di Varazze in una calda mattinata estiva resa gradevole da una leggera brezza da sud, il Gulliver 57 ci attende in banchina. Il primo impatto visivo è con una barca con uno scafo che ammicca alle forme degli open Oceanici con baglio massimo molto pronunciato e a poppa, con una tuga da barca da crociera sportiva, l’albero in carbonio ed un attrezzatura di coperta sovradimensionata e di grandissima qualità. Già in questa descrizione ritroviamo una serie di elementi che caratterizzano fortemente la barca, dandole quel requisito dell’unicità che i modelli custom, come questo vuole essere, devono avere per differenziarsi nettamente dalla produzione di serie.

Layout di coperta da top di gamma

Camminando in coperta non si può non notare la qualità e il dimensionamento dell’attrezzatura firmata in buona parte Ronstan, bozzelleria ed hardware vari,  ed Andersen per i winch. Ogni manovra è correttamente rinviata con uno studio attento degli angoli di tiro. Pregevole la presenza dei deviatori sui winch in coperta, che consentono di muovere contemporaneamente più manovre deviandole anche verso i winch a poppa e garantendo una grande varietà di soluzioni di tiro.

Il pozzetto del Gulliver 57. Foto Giuffrè/Giornale della Vela

Per capire la qualità dell’attrezzatura, basta osservare che la sola randa ha 3 winch dedicati: due per il carrello ed uno, meccanico/elettrico, per la scotta. In totale sono ben 9 i winch che coprono le manovre.



Look da sportiva

A colpirci particolarmente è il disegno della tuga, morbido con la linea superiore rotonda, che degrada gradualmente fino ad unirsi a filo con il ponte.

Il dettaglio della forma della tuga che si unisce al ponte senza scalino. Foto Giuffrè/Giornale della Vela

La finestratura sulla tuga snellisce molto la  barca, così come il bordo libero piuttosto basso, due particolari che rendono l’estetica di questo 57 piedi particolarmente gradevole.

Il dettaglio del passaggio verso prua. Foto Giuffrè/Giornale della Vela

A proposito di tuga e coperta: il passaggio verso prua tra le sartie è comodo e particolarmente agevole e sopratutto sgombro da ostacoli dato che il carrello del fiocco è posizionato intelligentemente sulla tuga: vela più efficiente e maggiore comodità in crociera.

Navighiamo a vela

Di bolina con 8-9 nodi. Foto Giuffrè/Giornale della Vela

La giornata non è delle più semplici dal punto di vista del vento: provare una barca di alluminio con una pressione massima di 8-9 nodi e media inferiore non è il massimo, ma confidiamo nelle doti sportive della barca che infatti vengono confermate. La barca è dotata di lifting keel che oscilla tra 1,70 mt ed i 3,50, con una zavorra che corrisponde quasi ad un terzo del dislocamento locale.

Il Gulliver 57 naviga bene e non appena accelera ha una grande capacità di mantenere l’inerzia anche nei cali di vento. Con 8 nodi abbiamo toccato una punta di velocità GPS di 7.2 ed un angolo apparente al vento di 30-32 gradi, quasi 8 la velocità quando il vento ha toccato i 9 nodi di reale.



Decidiamo di issare il gennaker, approfittando del fatto che il nuovo A3 necessita di un test essendo una vela ancora mai usata.

Nonostante il gennaker in questione sia pensato per aria molto più sostenuta, conducendo la barca al lasco stretto nell’angolo di utilizzo della vela, 100-120 gradi, le velocità sono ottime e con 8-9 nodi in alcuni momenti pareggiamo la velocità del vento.

Gli interni

La dinette del Gulliver 57. Foto Giuffrè/Giornale della Vela

La grande sorpresa l’abbiamo non appena entriamo sotto coperta. Dov’è la dinette? La troviamo a poppa, nell’insolita posizione sotto il pozzetto.

Il grande tavolo della dinette. Foto Giuffrè Giornale della Vela

Il motivo è molto semplice: su una barca di queste dimensione l’altezza anche sotto il pozzetto è buona ma è a poppa che lo scafo ha la sua massima larghezza. Ed ecco che la dinette assume una dimensione decisamente XXL

Sei in totale i posti letto, oltre ai due ricavabili in dinette, divisi in una cabina ospiti, due letti per l’equipaggio e la cabina armatoriale. Doppio bagno, a prua ed a poppa, con vano doccia seprato, ed ampia cucina con forno. Il gusto generale degli interni è sobrio, con il giusto equilibrio tra legni, allegeriti, e composito, per trovare un mix tra qualità, estetica e leggerezza dei materiali.






Significativa la luminosità interna determinata da molteplici punti luce, buona l’areazione, eccellenti gli spazi di stivaggio: in quasi ogni metro della barca sono stati ricavati diversi vani per stivare cambusa, attrezzatura, abbigliamento e accessori vari.

La storia del Gulliver 57

Carlo Gullotta, il suo ideatore, va a vela fin da bambino muovendosi tra il mondo delle regate e quello della crociera. Dal Melges 24 agli scafi in alluminio, la passione di Gullotta per la vela è a 360 gradi, anche se nella vita di tutti i giorni il suo mestiere è un altro. Dall’esigenza di migliorare la sua barca in alluminio, nasce il sogno di costruirne una su misura per le navigare intorno al mondo con una barca sicura, veloce e soprattutto in alluminio.

Convinto con un po’ di insistenza il famoso designer francese Marc Lombard, Gullotta mette su un cantiere ed inizia la costruzione della barca affidandosi a professionisti specializzati, come lo studio milanese Valenti Yacht con il quale sviluppa il disegno di Lombard, realizzando degli interni non convenzionali e concependo personalmente il piano delle manovre di coperta.

Durante la costruzione, la barca desta l’interesse di un armatore belga, che si dichiara interessato a un tipo di barca custom, in alluminio e con le caratteristiche necessarie per girare il mondo. Così il Gulliver 57 si trasforma da semplice sogno ad opportunità. Oggi sono due gli scafi naviganti, ma la strada tracciata sembra poter portare molto lontano.

Progetto Lombard, Valenti, Gullotta

Lunghezza fuori tutto 17,50 mt

Lunghezza al galleggiamento 17,41 mt

Baglio massimo 5,17

Pescaggio 1,7-3,5 kg

Dislocamento 15700 kg

Materiale di costruzione Alluminio 5083H111

Acqua 400/800 t

Gasolio 450+90 lt

Per maggiori info: info@gulliversail.com  tel. 3356202546

Mauro Giuffrè

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Enrico Malingri: “Ho provato l’Ice Cat 61 e… mi sono convertito ai multi!”

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ice cat 61
Era da un po’ che questa cosa era nell’aria.
Da una telefonata di Marco Malgara, patron del cantiere Ice Yachts, a settembre: “Enri appena abbiamo abbastanza acqua nel Po portiamo il nuovo Ice Cat 61 a Porto Garibaldi, lo alberiamo e poi me lo trasferisci a La Spezia?”

La cosa mi ha intrigato subito perché conosco Enrico Contreas da una vita, e con il suo fido braccio destro Luigi Cirillo, designer della estetica ed interni, ho seguito a distanza l’evoluzione del mezzo durante la sua costruzione.

Sui multiscafi così grossi non ho mai navigato e vedendone in giro parecchi, avevo una grande curiosità di provare come navigano ed una navigazione di 1050 miglia in Mediterraneo in inverno avrebbe costituito una ottima occasione.

Come tutte le barche costruite da Ice Yachts, anche l’Ice Cat 61 è costruito in fibra di carbonio ed resina epossidica in infusione, quindi una barca leggera e rigida da vero cruiser/racer. Questo da una garanzia di solidità e performance. I cat più di ogni altra barca devono essere imperativamente rigidi e leggeri.

Arriviamo a Porto Garibaldi il 9 febbraio, ho trovato una finestra meteo per avere vento da NW per scendere lungo le coste dell’Adriatico verso il canale di Otranto. Ci sono continue perturbazioni che passano, da NW verso SE portando vento e pioggia.

Dopo 40 anni sui monoscafi, la prima impressione salito a bordo è “lo spazio”, ce ne è veramente tanto, il pozzetto riparato dalla tuga e il suo tetto è immenso, il salone attiguo separato da una grande porta a vetri mi dà la stessa sensazione.

La rete tra i due scafi di prua può ospitare comode 10 persone a prendere il sole… poi c’è tutta la tuga ed il pozzetto….20/25 persone sul ponte… è come averne 12 su un monoscafo di pari lunghezza.

Sopra la tuga sono posizionati 6 panelli solari che neanche li vedi, ho dovuto contarli. Mi viene in mente il party in mezzo al mare, della riedizione del film “Point Break”.

Qualche piccolo preparativo, spesa, nafta , acqua e poi verso le 17,30 salpiamo.Con me a bordo, il fidato Fiore che collabora con il cantiere, Giulio che ha in costruzione un Ice Cat 67, il mio vecchio amico Paolo possessore di un Moana 33, infine Andrea Viganò d ella omonima Veleria di Milano che ha fornito le vele al Cat e le vuole provare.

La barca è veramente larga e inizialmente un po’ di timore a navigare negli spazi angusti del porto canale c’è. Un uomo al timone su uno scafo ed una vedetta sull’altro.

Finalmente in mare aperto, issiamo la randa, ma come da previsioni ci aspetta una nottata di poco vento, Ice Cat 61 ha due motori da 75 cv, li mettiamo a 2500 giri , velocità 9,6 kn. Riduciamo la randa, che così frena meno, tanto non ti devi preoccupare del rollio.

Verso la mattina inizia a salire il vento prima da N/NE e poi in rotazione verso N/W.
Spegniamo il motore e diamo tutta randa e il fiocco, la barca scivola leggere sulle onde ,che via via iniziano a formarsi a 10/12 nodi di velocità.

Devo confessare che da monoscafista mi aspettavo di trasferire un “Camper” con un discreto effetto cassone nelle onde, probabilmente veloce ma problematico.

Già nella notte, in assenza di rollio la sensazione è di grande stabilità, poco movimento.

Via, via nel corso della giornata il vento sale sui 18/22 nodi e le onde aumentano, la barca inizia a filare, 12/15 nodi, planate a 16. Siamo con il vento reale a 170° e l’apparente a 140°.

La sensazione è incredibile, due scafi, due derive mobili con poca resistenza idrodinamica, due timoni, il risultato è una barca sulle rotaie che va dritta come un fuso e non offre nessuna resistenza all’avanzamento.

Prendo il timone, la poppa con diversi oceani attraversati è la mia specialità, ma dopo poco mi accorgo che qui non la posso esprimere più di tanto, la barca va dritta come un fuso, nessun accenno a straorzata, nessun effetto pendolo nelle onde, la barca è piantata con un rollio inesistente. Dopo mezz’ora attacco il pilota, tanto non faccio nessuna differenza.

Dopo poco mi rendo conto che la planata la devi seguire bene sugli strumenti, se no non ti accorgi di quale portata abbia, non riesci a capire se hai planato a 14 o a 16.

Poi mi accorgo che la barca in planata oltre diciamo i 14 nodi si alza di 30 cm sull’acqua e fila via come un razzo, con il vento apparente che aumenta in proporzione e te la prolunga.

Verso sera controllando gli strumenti vedo che c’è un SOG Max registrato di 18,4 nodi, sarà stato in una delle tante planate, me ne ricordo 3/4 più intense, ma non saprei dire quale.

A sera riordino le idee e inizio a formarmi le mie prime vere sensazioni sui MULTI e nello specifico Ice Cat 61. Dopo una giornata piena in navigazione con onda corta e ripida tipica dell’Adriatico, per le 20.00 passiamo al traverso di Vieste nel Gargano, sono passate 15 ore e siamo già qui.

La barca mi dà grande sicurezza, abbiamo ridotto la randa verso sera con 20/22 nodi , inizia a formarsi parecchia nuvolaglia e ci sono temporali previsti nella nottata.

Nonostante questo, continuiamo a filare sui 12 e passa nodi, cuciniamo senza para pentole, la barca è “sempre dritta”, appoggi una bottiglia sul piano della cucina e ripassi dopo un ora e qualche planata oltre i 14 nodi e lei è li dove la hai lasciata.

Non c’è la chiglia con il bulbo attaccato in fondo, e con esso scompare l’effetto pendolo
tipo dei monoscafi in poppa, che accentua le straorzate, vero pericolo delle planate veloci.

Non hai il problema di ridurre troppo la randa se no rolli, quindi se vuoi essere prudente lo puoi fare senza problemi.

E’ febbraio e fa freddo soprattutto di notte, ma qui in pozzetto sei sempre al riparo da acqua e vento. Poi avanti si va dentro e fuori dal salone/plancia dove c’è un bel tepore, dato da due Eberspaecher posizionati in ognuno dei due scafi.

La visibilità al carteggio è a 360 gradi, lì c’è un plotter e puoi comandare anche il pilota, così puoi tenere sotto controllo la situazione al calduccio. Quindi il comfort anche in navigazione con mare, vento, freddo e pioggia è massimo.

Ora ho anche la certezza, che se aumentasse molto il vento, ammaino tutta la randa, e
la barca tirata per il naso dal fiocco, naviga benissimo leggera sulle onde.

Ci avviciniamo al Gargano, c’è segnale 3G, scarico un file grib meteo e vedo che il vento è in rotazione da E, ed in aumento a 25 nodi nei temporali. Mi dico “mmh con il traverso inizia la rumba, ora vediamo”.

Il vento ruota come aspettato al traverso ed aumenta sotto il primo piovasco, preventivamente abbiamo ridotto la randa avvolgibile nel boma all’equivalente di 2 mani.

La barca parte a 12/14/16 nodi come niente, abbiamo la vecchia onda in poppa ed ilvento al traverso, le planate  si susseguono per un’oretta siano a che il vento molla, tra un piovasco e l’altro.

Sono sorpreso: la barca non rolla, non c’è l’effetto cassone che mi aspettavo, è soprattutto asciuttissima, mi aspettavo qualche classica lavata, ma  ciò non succede. Lo scafo sopravento sposta così poca acqua che non c’è il classico scontro tra l’acqua mossa dalla barca al suo passaggio e l’onda che sopraggiunge.

Piove e siamo al riparo in pozzetto sotto la tuga, con uscita al timone ogni 3/4 minuti e controllare l’orizzonte, sana e vecchia abitudine anche se ora cerchi di vedere quello che radar ed Ais hanno già individuato.

Lascio la randa ridotta e riesco con 14 nodi di vento reale a tenere comunque la velocità sopra gli 8 nodi. Dobbiamo sbarcare Andrea e Giulio a Brindisi e non mi interessa arrivare con il buio.

Alla mattina alle 7.00 siamo al largo di Brindisi, decido di entrare percorrendo apposito canale segnalato sulle carte, di entrata delle navi, e mi trovo costretto a risalire per 3/4 miglia contro il mare ed il vento, con Fiore che mugugna, ora che il vento è salito a 25/28 nodi.

Risaliamo con randa e motore, sotto un piovasco, le onde sono accentuate dalla corrente che sale verso nord e sono di 2/3 mt. sono al timone e qui con due scafi da gestire per non spiattellare troppo nelle onde, devo usare un po’ di maestria al timone. Qui l’effetto multi si sente, ma si avvertirebbe anche su una monoscafo con carena di ultima generazione.

In porto dobbiamo fare una manovra di ormeggio con vento sui 20 nodi e seppure ci sia spazio per arrivare di poppa al pontile, inizialmente la affrontiamo da come si è soli fare su una barca normale, avanti ed indietro con il motore e destra/sinistra con il timone.

Dopo un primo tentativo fallito perché il vento ci sposta di traverso la poppa, si riprova,a quel punto mi viene  in mente che abbiamo due scafi e due motori quindi qui la tecnica va cambiata radicalmente.

Per girare timone al centro, un motore avanti ed uno indietro, quando si vuole girare in retro uguale, usi solo il motore dalla parte che vuoi far girare.

Così quello che mi sembrava un incubo, cioè ormeggiare una cosa che è larga 8,50 mt x 18,60 mt e sviluppa quindi 158,10 mq di area complessiva diventa, prendendoci la mano, un gioco da ragazzi.

Contreas ha posizionato il bow thruster al centro dello scafo di destra, per avere i pesi centrali, devo dire che è stato un colpo di genio. Riesci a fare quel movimento di traslazione a 90 gradi di solito impossibile. Ottimo quando arrivi in banchina all’inglese e comunque per stare al centrato, in manovra al pontile.

La barca dentro è veramente spaziosa con:

Scafo di destra da poppa verso prua:
• una cabina armatoriale.
• una cuccetta nel corridoio.
• grande bagno con doccia separata enorme.
• cabina marinai con due letti wc / lavabo, entrata dal ponte o tramite portello che da nella doccia bagno.

Scafo di sinistra da poppa verso prua:
• cabina a due letti, belli spaziosi.
• corridoio con armadio e un lavabo a scomparsa dietro una anta scorrevole.
• bagno con doccia.
• grande cabina a 2 letti.

Salone spazioso, vetrata panoramica a 360 gradi, con tavolo pranzo e relativo divano a L, cucina con isola centrale, carteggio e mobili perimetrali.

Le sale macchina sono a poppa in ogni scafo con accesso dal pozzetto.

Non avrei mai detto prima di provarla, ma se devo ripartire per un secondo giro del mondo, questa è la barca che sceglierei senza esitazione.

Bisogna essere ben dotati di possibilità di riduzione delle vele in abbondanza, trinchetta su secondo strallo mobile, dove si può armare anche una tormentina, randa a 3 o 4 mani.
Poi Solent, Code 0, Gennaker per quando c’è poco vento in poppa.

Spazio a volontà, pescaggio di 1 /1,5 mt. , inoltre dimenticavo che la barca ha un estetica molto bella da racer/cat veramente moderna ed accattivante. Sono stato in 3 posti a fare rifornimento e i commenti sono piovuti a raffica in banchina.

Ma cosa volete di più?

Over and out
Enrico Malingri

www.iceyachts.it

 

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La classe e lo stile sbarcano al VELAFestival: anche The Fifty ha detto “presente”

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Ci sono barche il cui concetto parte da ciò che devono contenere gli interni. Ce ne sono altre che partono invece da un’idea precisa di design e di estetica. Il nuovo The Fifty di Eleva Yachts appartiene decisamente a questa seconda categoria e ve lo dimostrerà al VELAFestival di Santa Margherita dal 3 al 6 maggio. La super sportiva disegnata da Giovanni Ceccarelli ha infatti ufficializzato la presenza alla nostra grande festa, sarà per voi l’occasione per salire a bordo, guardarla da vicino e prenotare una prova in mare. Noi l’avevamo provata e vi riproponiamo di seguito il nostro test realizzato a Viareggio in una giornata di vento leggero.

IL NOSTRO TEST

Una barca dal look ricercato grazie al lavoro di Giovanni Ceccarelli, abile a personalizzare le linee di questo 50′ sul brand, al fine di dare una caratterizzazione forte al modello d’esordio del nuovo cantiere italiano. Prua inversa, linea del ponte su due livelli con una curva a ricordare quella di un’onda, tuga appena accennata e look filante: praticamente inconfondibile.

Siamo stati a Viareggio a provarla dopo averla vista in costruzione in cantiere (LEGGI QUI) e averla studiata da vicino in occasione del Salone di Cannes (LEGGI QUI). La curiosità di vedere all’opera The Fifty era tanta, perché questo nuovo performance-cruiser di razza, oltre a un’estetica ricercata, si caratterizza per la costruzione in carbonio ed epossidica con un elevato numero di punti d’infusione per controllare nel dettaglio la quantità della resina e il grado di catalisi, un particolare che garantisce rigidità, leggerezza, e quindi prestazioni, al progetto.

LE FOTO DAL DRONE DI UMBERTO DE LUCA DI ONE SAILS ITALIA



La giornata nelle acque toscane è stata di brezza leggera che non ha mai superato i 6-7 nodi, proprio le condizioni in cui una barca con simili ambizioni deve poter fare la differenza in termini di performance.

Durante il nostro test, in navigazione al traverso sotto A0

The Fifty è una barca che, nonostante l’indole sportiva, si conduce con semplicità. La demoltiplica sui timoni è misurata con attenzione così da garantire una risposta immediata alla minima correzione sulla ruota, senza ritardi, il tutto si traduce in una sensibilità precisa sulla conduzione: ad ogni azione corrisponde in diretta una precisa reazione della barca, così come deve essere.




Le manovre sono rinviate a ridosso della timoneria con una doppia coppia di winch Harken Performa adeguatamente dimensionati: drizze, vang, scotta randa e scotte fiocco, tutto è a portata di mano, incluso il carrello randa incassato dotato di uno strozzatore a ganascia appena sotto la seduta del timoniere.

IL NOSTRO VIDEO

I numeri non hanno deluso, nonostante durante il nostro test fosse ancora in corso la messa a punto dell’albero in carbonio Southern Spars. The Fifty con 5 nodi di vento e un angolo apparente intorno ai 35-40 gradi non ha faticato a pareggiare l’intensità dell’aria con punte fino a 5.3 nodi. La musica non è cambiata, ma anzi è anche migliorata, quando abbiamo navigato al traverso-lasco sotto A 0: con 6-7 nodi la barca si mantiene 0.2 0.3 nodi sopra la velocità del vento.

Gli interni sono caratterizzati da un’estetica senza eccessi o forzature. La sensazione, data dal baglio massimo importante, è quella di trovarsi a bordo di una barca di dimensioni superiori a un 50 piedi.



Per gli amanti del gusto sobrio il mobilio interno è in un mix di legni laccati in bianco e al naturale. Il layout del modello che abbiamo provato prevedeva l’armatoriale a prua, due cabine a poppa e doppio bagno.

La prova completa di The Fifty, tutti i dettagli sui numeri e i particolari costruttivi, nei prossimi numeri cartacei del Giornale della Vela.

Lunghezza 16,50 m

Larghezza 4,86 m

Immersione 2,87 m

Dislocamento 10500 Kg

Zavorra 3900 Kg

Superficie velica di bolina 154 mq

Superficie velica alle portanti 328 mq

www.elevayachts.com

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Ecco la barca a vela più grande del mondo. Benvenuta Black Pearl

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Il sogno di un ricchissimo armatore è diventato realtà. Gli è stato consegnato il tre alberi 106,70 metri Black Pearl costruito da Oceanco, la barca a vela più grande del mondo: d’accordo, ci sarebbe quel mostro che è “A” di Andrei Melnichenko (143 metri), ma alzi la mano chi la considera una barca a vela.

La mastodontica barca è frutto del lavoro di un gruppo internazionale di progettisti, ingegneri, architetti navali, costruttori e project manager.

Gli studi Ken Freivokh Design, Nuvolari Lenard e Villate Design hanno giocato un ruolo chiave, come peraltro Dykstra Naval Architects, che ha disegnato i tre alberi da 70 metri Dynarig in carbonio. Ovviamente le vele sono comandate premendo un semplice pulsante, e i 2.900 metri quadri di tela possono essere pronti all’uso in sette minuti.

Photo Credit DutchYachting

Il sistema di propulsione ibrido e gli impianti a bordo sono a cura di BMT

SCHEDA TECNICA
Costruzione: scafo in acciaio, sovrastruttura in alluminio
Lunghezza: 106,70 m
Baglio max: 15 m
Velocità 17,5/30 nodi
http://www.builtbyoceanco.com

 

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Posti barca, lo Stato chiede soldi ai diportisti. Il TAR dice di no

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barcaProprietari di posti barca presenti e futuri, potete stare un po’ più tranquilli. La sentenza definitiva del TAR della Toscana, che fara’ come si dice “giurisprudenza”, fa sì che probabilmente sarete al riparo da richieste future di denaro per il vostro posto barca, da parte del porto da cui avete acquistato l’ormeggio. Le voci girano da anni in banchina preoccupando i diportisti. Perche’, forse non lo sapevate bene, è in atto da anni una vera battaglia che contrappone porti turistici italiani e Stato.

IL MOTIVO DEL CONTENDERE

Si tratta dei canoni demaniali dovuti allo Stato, proprietario delle coste, dalle società (i porti) che “affittano “lo spazio, che a loro volta rivendono sotto forma di posti barca. Lo Stato, stracciando gli accordi già presi con le strutture portuali, nel 2007 ha richiesto nuovi canoni sino a tre volte superiori a quelli pattuiti.

LA SENTENZA FAVOREVOLE AI DIPORTISTI

Da qui una lunga battaglia legale intrapresa dai porti turistici. A inizio marzo il TAR della Toscana ha dato ragione ai ricorsi presentati da Marina Cala de’ Medici contro il Comune di Rosignano che aveva richiesto enormi aumenti del canone demaniale. Questa sentenza ha sortito un precedente legale che segna un punto a favore dei porti e una sconfitta per lo Stato.

COSA ACCADRA’

Non è una questione da poco, perchè questo contenzioso riguarda chi ha già acquistato un posto barca o chi ha intenzione di acquistarlo. Le società portuali infatti a chi andrebbero, almeno in parte, a chiedere i costi dell’aumento dei canoni demaniali? Ai loro clienti, ovviamente. Ecco perchè la recente sentenza del TAR Toscana che obbliga il comune di Rosignano Marittimo, dove ha sede il Marina di Cala de’ Medici che ha presentato l’istanza, a rivedere il canone demaniale innalzato unilateralmente, annullando gli accordi presi in precedenza, è una vittoria anche per i diportisti. Il leader di questa prima vittoria è Matteo Ratti, CEO di Marina Cala de’ Medici, che ha commentato così il risultato: “L’ordinanza del TAR della Toscana è stata la prima a recepire l’indirizzo della Corte Costituzionale e spero che generi una sentenza che faccia giurisprudenza”.

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Oyster affondato? No, lo salva il re delle scommesse online

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oyster
Acquistare un marchio famoso nel mondo dello yachting caduto in disgrazia è una scommessa.
E ci voleva uno “scommettitore” per aprire il borsellino e togliere dai guai il cantiere inglese Oyster, che solo poche settimane fa aveva chiuso i battenti (QUI vi avevamo raccontato la storia incredibile del crack a seguito dell’affondamento del Polina Star III, che aveva perduto il bulbo per un difetto di fabbricazione) licenziando tutti i propri dipendenti: Richard Hadida, patron di Evolution Gaming, società attiva nel settore dei casinò online (180 milioni di fatturato nel 2017), ha acquisito il marchio per una cifra sconosciuta.

TANTI SOLDI SUL TAVOLO
Sicuramente, si tratta di tanti “verdoni” (“molti milioni”). Se siano ben investiti solo il tempo ce lo potrà dire: sta di fatto che, in teoria, la situazione di Oyster al momento dell’ingresso in amministrazione controllata era più che florida. Un portafoglio di ordini di 70 milioni di sterline. La chiusura era stata determinata da una perdita di 7,4 milioni a causa del “fattaccio” del Polina Star, che aveva minato la credibilità del marchio e indotto il gruppo olandese che aveva acquistato Oyster nel 2012 (HTP Investments) a revocare il suo supporto economico.

LA STRATEGIA PER SALVARE OYSTER
E sarà proprio sulla credibilità del marchio che Hadida dovrà lavorare sodo: ha fatto sapere che il suo non sarà un “azzardo”, ma un’operazione a lungo termine. Non solo ha detto di voler riassumere buona parte dei dipendenti licenziati, ma ha già indicato linee guida molto precise: “La cantieristica nautica ha bisogno di evolversi come ogni altro genere di industria”, ha sottolineato l’imprenditore. Si parla già di riammodernamento delle tecniche costruttive di Oyster, con il passaggio alla modularità per ridurre i tempi di costruzione.

Certo, si viene meno all’unicità che ha sempre contraddistinto il marchio, ma se questo contribuirà a dare linfa al cantiere, ben venga. Inoltre Hadida vuole “aprire” maggiormente la fascia bassa dei modelli, andando a realizzare barche anche sotto al 47 piedi che ad oggi rappresenta “l’entry level” Oyster. Da buon imprenditore, Hadida ha già formato la sua squadra (“c’è bisogno di prendere decisioni in tempi rapidi”, ha detto), che conta anche su Kim Stubbs, famoso in Inghilterra per aver risollevato le sorti di Sun Seeker, dal fallimento del 2013.

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PROVATA. Sun Odyssey 319, la nuova “piccola” parla il linguaggio dell’easy sailing

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Cannes ci accoglie in una bella giornata di sole per questo primo giorno di test dedicati alle due novità Jeanneau, il Sun Odyssey 319 e il 490. Temperatura tiepida, ottima visibilità mare calmo ma….dov’è il vento? La prima prova in programma è la “piccola” entry level Sun Odyssey ma dobbiamo attendere un po’ che la brezza, assente a inizio mattinata, si faccia viva.

Sfruttiamo l’attesa per studiare nel dettaglio la barca, nelle sue caratteristiche funzionali ed estetiche. Il 319 ha numerosi e chiari elementi in comune con gli altri membri della famiglia Sun odyssey, a cominciare dalla tuga che mostra il classico disegno “tondeggiante” già visto sul 349 e su altre barche della gamma, con la chiara firma stilistica data dalla finestratura continua.

Il 319 è caratterizzato dalla poppa aperta e da una carena a spigolo abbastanza pronunciato nella parte anteriore. I volumi di prua sono consistenti con una prua retta, doppia pala del timone a poppa. In pozzetto la ruota del timone, soluzione a nostro avviso non del tutto congeniale per le dimensioni della barca ma comunque funzionale alla sua filosofia. A prua spazio a una robusta delfiniera per proteggere l’ancora e armare potenti asimmetrici.

Internamente la barca colpisce per un’altezza in dinette prossima ai 2 metri, non del tutto usuale su modelli di queste dimensioni. Cucina a sinistra e tavolo da carteggio a destra la cui seduta viene ricavata da uno dei due divani della dinette. Una cabina a poppa oltre all’armatoriale a prua, più il bagno posizionato a poppa. Sobrio e senza forzature il gusto del design interno, più che buoni gli spazi di stivaggio.

Finalmente è il momento di alzare le vele, la brezza, intorno ai 7 nodi, ha riempito il litorale di Cannes e possiamo finalmente saggiare le performance di questa “piccola”. Il primo dato, importante, riguarda la facilità nella gestione delle manovre. Buono il dimensionamento dei winch primari, arken di serie, che consentono di cazzare la vela di prua, dalla posizione del timoniere, utilizzando senza problemi una sola mano, almeno in condizioni di aria leggera.

Data la carena a spigolo e la doppia pala, che con poca aria determinano una resistenza idrodinamica inevitabile, il 319 non va forzato troppo sugli angoli di bolina ma va accompagnato dolcemente all’orza aspettando che i numeri salgano gradualmente.

Orzare senza avere raggiunto una sufficiente velocità è controproducente, meglio partire dalla bolina larga, entrare in accellerazione e poi portare la barca al suo massimo angolo al vento. Così la barca non fatica a raggiungere i 40 gradi di apparente mantenendo una buona velocità e dimostra anche di avere una buona inerzia nei cali di vento e in virata, dove non perde più di un nodo.

Per scoprire tutti i numeri del nuovo Jeanneau 319, le performance nel dettaglio e le caratteristiche, non perdete i prossimi numeri del Giornale della Vela in edicola.

Lunghezza fuori tutto 9.8 m

Lunghezza scafo 9.44 m

Dislocamento a vuoto 5100 kg

Pescaggio zavorra standard 1.85 m

Capacità carburante 100 l

Capacità acqua 150 l

Cabine 2

Motorizzazioni Yanmar 21 Hp

www.jeanneau.com

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ESCLUSIVA Più vela per tutti! Nasce il Movimento 5 Vele!

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La news era nell’aria, alcuni nostri collaboratori ce l’avevano già segnalato: anche i velisti avranno un partito politico che li rappresenterà. No, nessun riferimento ad Andrea Mura, eletto di recente in parlamento (qui la notizia).

In primo piano, il fondatore dell’M5V Pietro Pesce. In secondo piano l’ideologo Davide Pez

Questa mattina, a Peschiera del Garda (Verona), è nato ufficialmente il “Movimento 5 Vele”, ovvero il partito dei velisti. “Ma non chiamateci partito, non ci assoggetteremo alle regole imposte dalla politica”, ci ha svelato telefonicamente in esclusiva l’avvocato Pietro Pesce (nella foto a lato, in primo piano, davanti all’ideologo ufficiale Davide Pez), il fondatore della nuova realtà politica. Realtà di cui, in assoluta anteprima, vi abbiamo svelato il logo in copertina.

“Più vela per tutti” è lo slogan del Movimento (a cui perdoneremo il fatto di avercelo “rubato”, visto che si tratta del claim del TAG Heuer VELAFestival 2018).

L’ORMEGGIO DI CITTADINANZA
Ma per quanto riguarda il programma? Il primo punto caldo, che farà discutere, secondo noi, è il cosiddetto “ormeggio di cittadinanza”. Di che cosa di tratta in soldoni?

“La proposta del Movimento 5 Vele”, prosegue Pesce, “stabilisce una soglia minima di posti barca gratuiti che lo Stato deve garantire ai proprietari di imbarcazioni piccole. In cambio gli armatori dovranno issare randa e vele di prua ad ogni uscita e non “smotorare”, anche in condizioni di bonaccia, non rifiutare le partecipazioni a regate ritenute troppo poco competitive ed essere velisticamente “poveri”, ovvero non possedere una barca più lunga di 10 metri”.

FOIL-SCETTICISMO
Per quanto riguarda l’ambiente, è stata dichiarata battaglia senza esclusione di colpi al mondo delle barche a motore e alcune dichiarazioni di Pesce incontreranno certamente il favore dei velisti nostalgici: “Non vogliamo più ferri da stiro per i nostri mari, tra l’altro rilasciano nell’acqua pericolosissime scie chimiche. E nemmeno bolidi ipertecnologici. Siamo America’s Cup-scettici, odiamo i foil e secondo noi la vera vera è solo quella dei J-Class”.

E mentre scriviamo ci dicono che il Movimento 5 Vele, già abbreviato in M5V, sta raccogliendo consensi nei più grandi gruppi Facebook dedicati alla vela. Vi terremo aggiornati e non possiamo che accogliere con favore la nascita di una realtà politica che abbia a cuore i nostri interessi!

Ernesto Spigola

A QUESTO LINK IL PROGRAMMA COMPLETO DEL MOVIMENTO 5 VELE

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La (ovvia) burla del Movimento 5 Vele! Buon pesce d’aprile a tutti!

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Ci ha scritto un lettore chiedendoci i riferimenti del dott. Pietro Pesce, a seguito dell’articolo che abbiamo pubblicato (e che ha mosso gli animi sul web) sul fantomatico “Movimento 5 Vele”.

LEGGI QUI l’ARTICOLO

Ovviamente, caro amico, si trattava di una “bufalona” da primo d’aprile! In tanti vi siete fatti una risata, qualcuno ha rimosso la news da un noto gruppo Facebook dedicato ai velisti (forse ci è cascato!) e chissà che qualche politicante non tragga spunto dal nostro programma farlocco per chiedere in parlamento “l’ormeggio di cittadinanza”!

Gli indizi per capire che si trattasse di un pesce d’aprile c’erano tutti. A cominciare dall’”avvocato” Pietro Pesce (il nome è una garanzia), che ringraziamo. Non fa l’avvocato ma è uomo di lettere, ne approfittiamo per ringraziarlo di aver prestato la sua faccia nell’articolo! Grazie anche a Davide Pez (pez in spagnolo vuol dire pesce), “ideologo” del Movimento, che si chiama in realtà Davide Pezzano ed è un creatore di contenuti virali da web.

Insomma, la “puzza di pesce” si sentiva eccome. Ciliegina sulla torta, il “ué” partenopeo di Toto che accoglieva chi decidesse di cliccare sul link a piè di pagina che avrebbe dovuto rimandare al programma del Movimento 5 Vele.

A presto, e al prossimo pesce d’aprile!

La redazione del Giornale della Vela

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Dufour e Fountaine Pajot si fondono: nasce il colosso della nautica a vela

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E’ praticamente fatta. Come anticipato in Francia da Le Figaro, Fountaine Pajot e Dufour si starebbero per fondere. Sta per nascere quindi un gruppo che è leader sia nell’ambito dei monoscafi sia in quello dei multiscafi, dando così filo da torcere all’altro grande gruppo francese, Beneteau.

L’operazione avrebbe ricevuto il sostegno finanziario del polo bancario Crédit Agricole, la firma dell’accordo sarebbe ormai imminente e potrebbe essere concretizzata nel giro di pochi giorni. Dufour Yachts conta su circa 500 lavoratori e il suo ultimo bilancio ha fatto segnare un fatturato di 63,5 milioni di euro, Fountaine Pajot ha invece 600 dipendenti e l’ultimo fatturato ha fatto registrare 79 milioni di euro. 

Si delineerebbe così un gruppo estremamente solido e molto ben posizionato sul mercato, con una gamma di monoscafi che va dai 31 ai 63 piedi (l’attuale produzione Dufour Yachts che ha anche lanciato il Dufour Cat 48) e una gamma di catamarani che va dai 40 ai 67 piedi per i modelli a vela e dai 37 ai 44 per quelli a motore. A conti fatti tutti i segmenti dei diporto, esclusi i megayacht, sarebbero coperti.

www.dufour-yachts.com

www.fountaine-pajot.com

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