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Ad Maiora, ovvero come far rinascere un supertrimarano “dimenticato”

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Può una barca vecchia di 30 anni ritornare ad essere protagonista nei circuiti di regate del Mediterraneo? Si, se attrezzata al meglio.
Il leggendario trimarano di 20 metri della classe ORMA 60, varato nel 1988 col nome di Fleury Michon IX, è stato protagonista al Versilia Yachting Rendez-Vous con nuova livrea e nuovo nome: Ad Maiora. Una bella sfida, quella intrapresa dallo skipper Bruno Cardile, quella di ridare lustro, dopo anni di oblio, a una barca mitica, posseduta in passato da grandi della vela francese: l’indimenticata Florence Arthaud e Philippe Poupon.

La barca, una volta arrivata a Pisa, è stata oggetto di un refitting a 360° (sostituzione completa del sartiame, nuovo gioco completo di vele 4T FORTE OneSails, nuovi avvolgitori delle vele di prua Ubi Maior, scotte e cime Armare, nuova veste grafica studiata dalla Nuova Accademia del Design di Verona etc…).


L’ELETTRONICA DI BORDO

Una delle chiavi per l’aggiornamento del trimarano, che si prepara al debutto mediterraneo alla 151 Miglia (poi la Giraglia, la Palermo-Montecarlo e la Middle Sea Race), è stata certamente l’elettronica. Il fornitore ufficiale B&G è intervenuto con una suite di strumenti ed elettronica di navigazione per sostituire tutte le attuali apparecchiature di bordo.


La barca sarà equipaggiata con due chartplotter Zeus da 7″,
che offrono la più recente tecnologia con schermi HD SolarMAX, insieme al radar a banda larga 4G di B&G e il nuovo sistema di posizionamento AIS NAIS-500, che consente al team di essere sempre “sintonizzato” e sapere quando si avvicina a pericoli e altre imbarcazioni. La barca sarà dotata anche di un sistema completo di strumentazione e pilota automatico H5000 che offre funzioni specifiche per la navigazione a vela e una potente tecnologia da racing comprovata.

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Comprare una barca o la casa? Siamo sicuri di cosa convenga di più?

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Mi compro la seconda casa o la barca? Un bel dilemma per chi ce l’ha ma,mettendoci nei panni di chi deve fare la scelta, abbiamo provato a capire cosa convenga di più, da un punto di vista pratico, economico, funzionale e di godimento generale, tra una barca e una casa. Per farlo abbiamo preso in esame un’ideale barca di 12-13 metri di ultima generazione, per intenderci quelle che ormai hanno una volumetria veramente importante, quasi come una piccola casa, e l’abbiamo paragonata con un ipotetico bilocale da acquistare in una zona turistica. La barca in fin dei conti la acquistiamo anche, o forse soprattutto, per le nostre vacanze, e una casa al mare o in montagna ha praticamente lo stesso scopo.

COSTI A CONFRONTO

Un bilocale in vendita, ben posizionato vicino al mare, non da ristrutturare, in zone come l’Argentario, la Costa Smeralda, il Salento, l’Isola d’Elba e in altri luoghi dedicati al turismo estivo, si trova con una forbice di prezzo che va dai 150 mila euro ai 220 o anche molto di più. Una forbice che va addirittura raddoppiata nel caso delle località di montagna più gettonate. Cifre corrispondenti, e anche abbondanti, ad acquistare un 40-42 piedi nuovo. Una delle principali e comuni opposizioni all’acquisto di una barca è infatti piuttosto quello dei costi di gestione. Niente di più giusto, senza dubbio sul lungo periodo sono una voce di bilancio importante.

La spesa del posto barca e la manutenzione ordinaria annuale, per una barca lunga intorno ai 12 metri, possono arrivare a costare, o addirittura a superare in base alla zona, anche 10 mila euro. La seconda casa al mare o in montagna però, come noto, non è affatto esente dai costi di gestione, anzi viene ampiamente “bombardata” da tasse più o meno odiose. Ci riferiamo alla tassa sulla seconda casa, la famosa IMU, e le varie tasse su base comunale per i servizi e i rifiuti, nonché il peso che ha una casa di proprietà nella dichiarazione dei redditi. L’ammontare delle imposte sull’immobile varia su base regionale e in base ai metri quadri, ma complessivamente può arrivare a costarci anche qualche migliaio di euro annualmente. A queste spese va aggiunta quella dell’arredamento. Se vogliamo risparmiare andiamo all’Ikea, se invece siamo “capricciosi”, e vogliamo qualcosa di veramente personalizzato, optando per un arredamento di buon design, i costi possono lievitare potenzialmente senza limiti. La barca non ha questo problema, dato che ci viene fornita già con il mobilio dal cantiere e non ha, dopo il tragico tentativo del Governo Monti, tasse annue da pagare. In definitiva però questo confronto vede a carico della barca spese di gestione annuali mediamente più esose, ma esiste un’altro punto di vista non trascurabile in questo confronto.

CASA

© Architetto Martina Giuffrè

Anche con un giardino la casa resta bloccata nel suo contesto, ovvero in una dimensione concettualmente statica. Può essere bella, ben arredata, godibile e con la piscina, ma non ci consente certo di viaggiare e in più va a occupare una porzione di territorio con il triste fenomeno del deturpamento delle coste che abbiamo vissuto, e in parte viviamo ancora, in Italia. Tranne che in casi particolari, la grandezza media sul mercato di un bilocale con servizi si aggira intorno ai 50/60 mq. Analizzando le quotazioni delle località turistiche balnerari e montane, la forbice di costo va dai 150 mila agli oltre 300 mila euro, più cara la montagna, cifra utile a comprare un 13 metri da crociera nuovo.

BARCA

La barca è invece concettualmente dinamica, concepita per spostarsi. Può essere sfruttata a pieno nelle due dimensioni, quella interna e esterna ma soprattutto ci pone in una condizione mentale e reale di movimento, in uno spazio quasi sconfinato come può essere quello marino. I metri quadri interni di un 40-42 piedi sono di circa 30-32 mq, ai quali ne vanno aggiunti circa 38-40 per gli esterni, arrivando comodamente ai 70 complessivi. Il lavoro dei progettisti negli ultimi anni si è infatti concentrato nel rendere sempre più effettive queste misure, migliorando l’ergonomia e la gestione degli spazi le superfici diventano sempre più sfruttabili.

UN BENESSERE NON QUANTIFICABILE

C’è una parte “ludica”, di godimento generale, ma anche funzionale, che va valutata e, a nostro avviso, ribalta la prospettiva dei costi. Una barca di 12-13 metri, pur avendo circa una decina di metri quadri di superficie interna in meno in confronto a un bilocale di medie proporzioni, rispetto a quest’ultimo ha un vantaggio: la superficie “godibile” viene più che raddoppiata con lo spazio esterno, cosa che una casa ha a disposizione solo se dotata di giardino (elemento quest’ultimo che può incidere con proporzioni importanti sul costo d’acquisto). Ma questo è solo uno degli elementi a favore di una barca. Avete mai riflettuto sul fatto che con l’acquisto di un’imbarcazione ci compriamo, potenzialmente per tutta la vita, anche le nostre vacanze? Anche una seconda casa al mare o in montagna è per il nostro tempo libero, ma questa non rappresenta la vacanza in se. Useremo la casa in montagna per la notte e poi andremo a sciare sulle piste (aggiungendo altri esosi costi), così come passeremo l’estate nella casa al mare ma senza spostarci e vedere nuovi luoghi, a meno che non decidiamo di acquistare un biglietto aereo, prenotare un albergo, e spostarci scegliendo di tenere chiusa l’abitazione. La barca invece ci consente, e questa volta con una spesa contenuta, di passare la nostra estate visitando potenzialmente ogni giorno un tratto di costa nuovo, con un benessere per la mente e per il fisico impossibile da quantificare. Il carburante, nel caso di una barca a vela, incide pochissimo, praticamente in misura irrilevante. Il costo più alto di una vacanza simile in alta stagione sono i porti, ma chi ci obbliga a sostare la notte in un marina? Possiamo decidere di andare in porto solo quando c’è maltempo o per fare rifornimento di gasolio e acqua per poi trascorrere ogni notte in una rada diversa, con aperitivi al tramonto e bagni tonificanti all’alba, senza spendere un solo euro. Lo ripetiamo perché è il nocciolo della questione, il benessere che tutto ciò ci arreca non è assolutamente quantificabile in termini economici. E adesso cosa desiderate, una barca o una casa?

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Cesare se ne va, Sangermani resta

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Era malato da tempo e se ne è andato, a 71 anni, Cesare Sangermani jr.: rappresentava la terza generazione di un cantiere a conduzione familiare ultracentenario che ha fatto la storia della nautica. E che ha saputo diventare marchio, un’icona di stile, in un’epoca e un mondo in cui il concetto di marchio esisteva. (foto di James Robinson Taylor / Panerai)

Cesare Sangermani (fonte immagine http://ilnuovolevante.it)

“E’ UN SANGERMANI”, PUNTO E BASTA
“E’ un Sangermani”, si dice per identificare una qualsiasi delle oltre cento barche costruite dal cantiere di Lavagna (Genova). Basta un nome e subito saprete di barche in legno costruite a mano da sapienti maestri d’ascia, apprezzate in tutto il mondo per la lavorazione dei legni e delle essenze, per la purezza formale delle linee e la meticolosa ricerca della perfezione. E poi l’altro tratto distintivo: quella linea gialla che corre lungo lo scafo con i tre puntini finali verso poppa…

Dal 1946, anno in cui il cantiere, fondato da Ettore detto “Dorin” nel 1896, si spostò definitivamente a Lavagna, sotto la guida di Cesare Sangermani sr., Sangermani divenne una celebrità sui campi di regata e non solo: vennero costruite diverse barche per lo Sport Velico della Marina Militare: Chiar di Luna (1950) e Artica II, varata nel 1956, furono le più famose per le loro numerose vittorie nelle più importanti manifestazioni internazionali.

Tutte le più importanti famiglie italiane e straniere volevano una barca Sangermani. Il motivo è semplice: erano bellissime e veloci. Un progetto firmato Sangermani diede vita al Gitana IV (timonato anche dal barone Edmond De Rothschild), che vinse nel 1965 la regata del Fastnet abbassando di ben undici ore il record precedente. E ancora barche come Samurai (1962), il prima classe RORC di 18 metri che ancora oggi vince nei circuiti di barche d’epoca Panerai. E Ulisse (1972), il 24 metri che oggi è di Patrizio Bertelli.

Negli anni ’70 Sangermani è ormai una star della cantieristica e costruisce su progetti dei più famosi designer dell’epoca: Laurent Giles, Sparkman & Stephens, Illingworth, Angus Primrose, Anselmi Boretti, Reiners, Philip Rhodes, Buchanan, Alan Gurney, German Frers, Carlo Sciarrelli, Gary Mull.

IL CORAGGIO DI GUARDARE AVANTI
Ma torniamo a Cesare Sangermani. Era nato a Chiavari il 19 dicembre 1946, sposato con Gabriella (Lella) dal 1969. Lascia la moglie Gabriella e due figli maschi: Filippo e Giacomo. Tutti collaborano, ognuno con proprie specifiche mansioni, nella conduzione del cantiere.

Cesarino (così era chiamato per distinguerlo dal padre) era un grande velista, nel 1971 aveva vinto la Giraglia a bordo di un Mania (progettato e realizzato a Lavagna) e aveva preso le redini di Sangermani nel 1977, e se da un lato aveva mantenuto invariata la filosofia del cantiere, continuando a produrre “pezzi unici” dalle linee classiche, aveva avuto il coraggio di guardare avanti. A partire dal 1978, Sangermani iniziò a costruire utilizzando materiali compositi avanzati, quali le resine epossidiche, la fibra di vetro, il nido d’ape d’alluminio, il kevlar, il carbonio e il nomex.

Come Guia 2000 di Giorgio Falck, costruita nel 1979 su progetto di German Frers, vincitrice della Giraglia nel 1979 e nel 1983, campione del Mediterraneo per due anni consecutivi e nel 1985 vincitrice, con Pierre Sicouri e Paola Pozzolini, della Brooklyn Cup, la transatlantica a coppie.
Oppure Articolo V del 1980, realizzata come barca molto vicina al concetto di “monoscocca” in sandwich di kevlar e balsa aeronautica. E ancora Flash, secondo classificato al mondiale offshore classe II del 1984 e campione italiano offshore classe III nel 1986; Rolly Go, sempre di Giorgio Falck, che prese parte alla Whitbread del 1981-82 e Ottovolante, il primo catamarano Sangermani, varate nel 1981.

Nel 1989, arriva anche una barca che detterà uno stile: Wallygator (qua sopra), primo Wally ideato da Luca Bassani e progettato da Luca Brenta (realizzato in legno lamellare e kevlar). Anche la storia di uno dei cantieri più importanti al mondo, Wally, è partita da qui, a Lavagna.

Buon vento, Cesarino. Tu te ne sei andato, Sangermani resta.

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Regata Test: abbiamo partecipato alla VELACup sul Seascape 24

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Quando sali a bordo di una barca dal pontile e senti che ha subito una reazione al tuo peso, capisci che l’uscita che stai per fare promette bene. VelaCup di Santa Margherita Ligure, giornata di vento leggerissimo, abbiamo l’opportunità di fare la regata a bordo del Seascape 24 e la cogliamo al volo. La barca ci aspetta in porto, usciamo spinti dal piccolo fuoribordo e alziamo le vele subito per dirigerci verso la partenza.

Ci occuperemo delle scotte delle vele di prua durante la regata e terremo costantemente un occhio sulla velocità per testare le reazioni della barca e soprattutto valutare se stiamo regolando correttamente le vele.

La partenza è complessa con pochissimo vento, coperti da barche più grosse noi che siamo tra i più piccoli della flotta di 125 barche facciamo fatica a uscire dallo start ma finalmente entriamo in un canale di vento e iniziamo a fare passo bordeggiando tra le bonacce. Con vento intorno ai 5 nodi il Seascape 24 resta intorno ai 3.5 nodi di bolina stretta tenendo testa a barche più grosse. Tiriamo il bordo verso Portofino per entrare nella rotazione a destra nel vento, viriamo e giriamo la prima boa nella prima metà della flotta.



Le manovre sono fluide grazie a un piano di coperta semplice ma con tutti i rinvii al loro posto e soprattutto un’attrezzatura ben dimensionata che ci consente di poter regolare le vele senza l’ausilio della maniglia nel vento leggero. Issiamo il gennaker e la musica cambia decisamente. Adesso diventa facile con 6-7 nodi arrivare anche a pareggiare la velocità del vento al lasco stretto, e superiamo una barca dopo l’altra ingaggiano un duello con un Melges 24 che proseguirà praticamente fino all’arrivo.

Grazie al bompresso pronunciato il gennaker, anche se di grandi dimensioni, in strambata si manovra facilmente e senza intoppi e si può eseguire la manovra anche senza l’ausilio di un compagno lascando con il giusto tempismo la scotta e recuperando con energia quella nuova.

Chiudiamo la regata nei primi trenta in tempo reale, terzi nella categoria Regata 1, dopo una buona prestazione e con spunti di velocità al lasco decisamente interessanti con punte frequenti sopra i 7 nodi e un vento che non ha mai superato gli 8.

Mauro Giuffrè

TUTTI I NUMERI, I DETTAGLI E LA PROVA COMPLETA DEL SEASCAPE 24 SUI PROSSIMI NUMERI DE GIORNALE DELLA VELA EDIZIONE CARTACEA

SCHEDA TECNICA
Lunghezza ft 7,3 m
Baglio max 2,5 m
Pescaggio 30/190 cm
Dislocamento 960 kg
Zavorra 340 kg
Sup. velica di bolina 42 mq
Gennaker frazionato 65 mq

info@seascapeitalia.it
it.thinkseascape.com

 

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Striscia la Notizia “fake news”, con i fuoribordo da 40 cv non ci vuole la patente!

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Che brutta figura ha fatto l’altra sera la popolare trasmissione TV Striscia la notizia e che danno ha fatto alla nautica con la falsa notizia che per i fuoribordo 40 cavalli sia necessario da oggi avere la patente nautica!

Distorcendo quanto contenuto nella nuova normativa nautica che da fine febbraio giustamente di fatto “rottama” i vecchi e antiecologici fuoribordo due tempi  con cilindrata superiore a 750 cc (di fatto i vecchi depotenziati), obbligando chi li possiede ad avere la patente nautica. Lo scopo del provvedimento e’ quello di penalizzare appunto coloro che ancora possiedono questi obsoleti e inquinanti fuoribordo due tempi, esattamente come nel mondo automobilistico esistono divieti di circolazione per le auto più inquinanti.

Quindi, tranquillizzatevi, la patente non e’ necessaria per quasi tutti i fuoribordo con potenza sino a 40 cavalli. Guardate il video “fake news” di Striscia la Notizia che ha causato ingiustificati allarmismi.

http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/nuova-legge-nautica_36291.shtml

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Vismara 100 B: lo stile e la qualità italiana per le lunghissime navigazioni

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Su queste misure possiamo praticamente parlare di una nave, e in effetti con i suoi 100 piedi, poco oltre i 30 metri di lunghezza, il nuovo Vismara 100 B, prossimo al varo, un po’ nave lo è, ma di quelle che possono navigare alla grande a vela.

Non a caso il 100 piedi pronto al varo è stato costruito con il top dei materiali compositi, scafo e coperta interamente in carbonio per una maggiore leggerezza e velocità. Per la stabilità di bolina è presente una chiglia retrattile con l’aggiunta di due alette “Winglets” sul bulbo con pescaggio 2.40/4.60, per avere il massimo delle performance a vela. Albero e boma in carbonio e una doppia timoneria con joystic di manovra , anche nella timoneria interna.

Interni

Gli interni sono in perfetta armonia con i volumi degli esterni, suddivisi in due zone: a poppa della sala macchine si incontra l’area equipaggio; due cabine, due bagni, ampio soggiorno e cucina. A prua, spazzi destinati agli ospiti e all’armatore: due cabine ospiti con bagni e docce, e una grande cabina armatoriale con salottino,bagno, guardaroba.  L’imbarcazione è caratterizzata da un ampio Deck Saloon allo stesso livello del pozzetto esterno che rende la dinette un luogo accogliente in rada e in navigazione grazie alla visibilità a 360°Altra particolarità, la grande sala macchine a tutta altezza a centro barca con due motori e due generatori.

Design Vismara Marine

Lunghezza 30,3 m

Larghezza 7 m

Immersione  2,4/4,6 m

Dislocamento 62 tonn.

Sup. Vel.  480 m

Materiali Carbonio-epossidica

www.vismaramarine.it

 

 

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Tutta la verità sulla patente per i fuoribordo 40 cavalli AGGIORNAMENTO

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patenteAbbiamo ricevuto un sacco di commenti alla nostra news su Striscia la Notizia e il caso patente per i 40 cavalli. Ringraziamo tutti coloro che hanno fornito utili precisazioni, così da arrivare con precisione al fatto “vero”.

L’Evinrude e-tec 40 cv

Il motore fuoribordo colpito dal provvedimento che modifica il requisito per cui la conduzione di un’imbarcazione con propulsione sino a 40.8 cv non necessita di patente e’ il modello Evinrude 40 cv e-tec.

Ma ribadiamo la nostra denuncia di cattiva informazione, di inutile allarmismo, fornita al vasto pubblico televisivo da “Striscia la Notizia” che ha allarmato il mondo della nautica. In cerca di inutile scandalismo, il servizio della trasmissione fa passare il messaggio che adesso ci vuole la patente per condurre un’imbarcazione con 40 cavalli. Questo e’ falso.

COSA DICE LA NUOVA NORMATIVA

La patente nautica non e’ obbligatoria:
se il motore ha una potenza inferiore ai 40.8 Cv (30 kW) non necessita di patente nautica per condurre un natante e imbarcazioni nelle acque interne e nelle acque marittime, fatte le eccezioni sottoindicate. Ma attenzione, se si naviga oltre le 6 miglia dalla costa la patente è obbligatoria, lo ribadiamo.

La patente nautica e’ obbligatoria:
Per la navigazione nelle acque interne e per la navigazione nelle acque marittime entro sei miglia dalla costa, quando a bordo dell’unità è installato un motore di cilindrata superiore a 750 cc se a carburazione o iniezione a due tempi, o a 1.000 cc se a carburazione o a iniezione a quattro tempi fuori bordo, o a 1.300 cc se a carburazione o a iniezione a quattro tempi entro bordo, o a 2.000 cc se a ciclo diesel non sovralimentato, o a 1.300 cc se a ciclo diesel sovralimentato, comunque con potenza superiore a 30 kW o a 40,8 CV

Dopo questa doverosa precisazione, riportiamo uno stralcio di quella che tra gli innumerevoli commenti ci sembra la più equilibrata e utile testimonianza, utile fare chiarezza:

Il motore in questione è soltanto uno e solo di una casa costruttrice (Evinrude 40 cv e-tec), sebbene siano anni che è in commercio ora questa normativa penalizza tutti coloro che lo possiedono e non hanno la patente… infatti fino a qualche mese fa la guida era”libera”.
Io ho acquistato il suddetto motore pochi giorni prima dell’uscita di questa modifica normativa..non ho la patente come la stragrande maggioranza di coloro che lo possiedono magari da anni. Conclusione. barca in cantiere in attesa di un ragionevole dietro front
Spero che questa mia “precisazione” possa essere utile x riportare le cose come erano fino a poco tempo fa

Ringraziamo per la testimonianza Giovanni Sette

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Nico Reggio svela le due anime della Giraglia

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Avrebbe l’età pensionabile ma è ben lungi dall’andare in pensione. La Rolex Giraglia, quest’anno all’edizione numero 66, è più viva che mai. Prima che a confermarlo sia Nico Reggio, il presidente dello Yacht Club Italiano (organizzatore della regata con la Societé Nautique de Saint Tropez), vi ricordiamo le date della più famosa “classica” del Mediterraneo: l’8 giugno partirà in notturna la regata di trasferimento Sanremo-Saint Tropez, dal 10 al 12 andranno in scena le “inshore” in Costa Azzurra, il 13 la “lunga” sulla rotta Saint Tropez-Giraglia-Genova.

PIU’ BARCHE, PIU’ GRANDI
“Io sono ingegnere, sono abituato a partire dai numeri”, esordisce Reggio, 64 anni, al timone del circolo velico più antico e blasonato d’Italia dallo scorso anno. “Ad oggi sono 238 le barche iscritte alla manifestazione, contro le 180 del 2017. Di queste, almeno il 70% prenderà parte alla lunga di 243 miglia. Il dato importante, a mio avviso, oltre al numero di partecipazioni, è l’aumento della lunghezza complessiva degli scafi della flotta: rispetto al 2017 il valore è quasi raddoppiato. Più barche, e più barche grandi”.

L’IMPORTANZA DEI BASTONI
Le ragioni di questo successo, secondo Reggio, vanno ricercate nell’aver creato un “pacchetto Giraglia” dalla doppia anima. “Da un lato c’è la prova di altura, il cui appeal è rimasto invariato nel tempo, dall’altro abbiamo lavorato per innalzare il livello tecnico delle regate di Saint Tropez. Quindi addio alle classiche “costiere” con tanto di bordi fissi. Questa non è una veleggiata, ma una regata a tutti gli effetti. Per soddisfare l’aspettativa, da parte degli armatori, di regate tattiche, dove la partenza, la strategia e le manovre sono fondamentali, abbiamo deciso di ricorrere ai percorsi a bastone”. Una mossa per valorizzare una serie di prove che fino ad oggi erano considerate un po’ “di contorno”. Tra le altre novità, anche l’aumento dei premi, con riconoscimenti anche ai vincitori delle singole classi all’interno dei raggruppamenti (0, A, B).

A sinistra, Nico Reggio (64) alla premiazione della Rolex Giraglia 2017

QUANDO SI DAVA ANCORA PER NON TORNARE INDIETRO
Un bel po’ di cambiamenti rispetto alle “vecchie Giraglie” a cui ha preso parte anche Reggio: “La mia ‘prima volta’ fu nel 1970. All’epoca si partiva da Sanremo direzione Tolone, ricordo una bonaccia totale proprio subito dopo la città dei fiori e una corrente pazzesca. Tanto che fummo costretti a dare ancora per non tornare indietro! Poi qualche scelta giusta, e la barca che camminava (era un vecchio modello in legno), fecero sì che arrivammo primi in tempo reale a Tolone!” E ancora: “Quando si correva sulla rotta Sanremo-Giraglia-Tolone, quando soffiava il mistral dalla Corsica alla Francia era un massacro. Con queste barche lente, ore e ore e ore di vento sul muso!”.

NIENTE X2 ALLA GIRAGLIA
Fine del flashback. In questi giorni ci sono state alcune polemiche relative all’esclusione della  Rolex Giraglia dal Campionato Italiano Offshore: in breve, a questo circuito che tiene conto di 15 regate possono concorrere tutti gli armatori, inclusi quelli che decidono di partecipare in doppio, ma dato che per motivi di sicurezza (la normativa francese è più rigida di quella italiana) alla Giraglia non possono essere accettate iscrizioni nella categoria ORCx2, UVAI (Unione Vela d’Altura Italiana) e FIV hanno deciso di escludere la regata dal campionato.

Nico Reggio ci spiega perché questa, secondo lui, è una “non notizia”: “Ricordamolo, sono ingegnere e mi piacciono i numeri. Intanto va specificato che il Campionato Offshore non va confuso con il Campionato Italiano di Altura. Poi, se vogliamo entrare nel dettaglio, va detto che nelle ultime tre edizioni della regata gli iscritti nella categoria ORC X2 sono stati soltanto sette. E scendendo ancor più nel dettaglio, se andiamo a vedere le classifiche finali del Campionato Italiano Offshore 2017, sono solo 14 le barche che hanno preso parte ad almeno cinque tappe del circuito ai fini della classifica. Si tratta, comunque, di numeri modesti. A mio avviso poi, l’inserimento in classifica di equipaggi doppi che regatano alla pari con le altre compagini, mi sembra una forzatura: sarebbero ovviamente svantaggiati con tanto vento, e avvantaggiati nelle ariette. Per un certo tipo di vela, esistono regate come la RomaX2. Nelle altre grandi regate d’altura, come il Fastnet, non c’è una classifica combinata all’interno della manifestazione”.

PER SAPERNE DI PIU’ SULLA ROLEX GIRAGLIA

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Nuovo RM 11.80: Marc Lombard ha deciso di stupire tutti

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Nel disegno visto da prua si nota, poco sopra le finestre laterali della fiancata, la svasatura della murata che proseguirà anche su parte della coperta

Quando abbiamo ricevuto i primi disegni del nuovo RM 11.80 di Fora Marine, oltre a notare alcuni dettagli tipici del design di questo cantiere, sempre a firma Marc Lombard, non abbiamo potuto fare a meno di notare anche alcuni elementi radicalmente nuovi.

La mano di Marc Lombard del resto, abile disegnatore fra l’altro di open oceanici, ha lasciato un segno evidente: i volumi anteriori sembrano infatti ricordare quelli visti su barche come i Class 40 o gli Imoca 60, con una prua nettamente inversa e soprattutto un elemento ulteriormente innovativo: un accenno di svasatura della murata al dir poco interessante, che ci confermano proseguirà in parte anche sulla coperta nelle forme definitive.

Un elemento già visto in racer puri (per esempio sull’IMOCA 60 Hugo Boss era esasperato), dato che contribuisce a rendere il profilo della barca maggiormente aerodinamico e a conferire minori turbolenze alle vela di prua. Un dettagli0 questo che rende la costruzione del nuovo RM 11.80 molto articolata, dato che a scelta di Marc Lombard di avere la coperta rientrante obbliga ad aver i primi redan in compensato marino e l’ultimo in vtr che si accoppia con la coperta in sandwich per ottenere la forma tondeggiante.

Una barca quindi che già dai primi disegni, e in attesa di vederne di più e conoscere i dati tecnici ufficiali, la barca ha già attirato a se non poca curiosità.

www.rm-yachts.com

www.yachtsynergy.it

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Per favore Cottarelli, togli la patente per gli Evinrude 40 e-Tec!

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Passato il polverone che ha sollevato il servizio di Striscia la Notizia sul caso patenti per la conduzione di fuoribordo 40 cavalli, facciamo un po’ di chiarezza.

Rispondiamo a chi ci ha scritto mail preoccupate: non è vero che per tutti i motori di tale cilindrata sarà necessaria la patente, anzi, ad essere penalizzato, nello specifico, è un solo modello. Tutto “per colpa” di una parolina magica, il cui inserimento, di fatto, non serve a niente ma che alla fine finisce per cambiare le carte in tavola.

Partiamo dalle differenze tra la vecchia normativa e la nuova, stabilite dall’Art. 29 del decreto legislativo “Modifiche e integrazioni al capo IV del titolo II del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. In questo caso si interviene sull’articolo 39.1 del Codice della Nautica, quello che disciplina gli obblighi di patente nautica.

Cosa diceva la vecchia normativa al punto b)? Che la patente nautica è obbligatoria…
…per la navigazione nelle acque interne e per la navigazione nelle acque marittime entro sei miglia dalla costa, quando a bordo dell’unità sia installato un motore avente una cilindrata superiore a 750 cc se a carburazione a due tempi, o a 1.000 cc se a carburazione a quattro tempi fuori bordo o se a iniezione diretta, o a 1.300 cc se a carburazione a quattro tempi entro bordo, o a 2.000 cc se a ciclo diesel, comunque con potenza superiore a 30 kw o a 40,8 cv”.

Invece ecco il testo della nuova, entrata in vigore dal 13 febbraio scorso:
…Per la navigazione nelle acque interne e per la navigazione nelle acque marittime entro sei miglia dalla costa, quando a bordo dell’unità è installato un motore di cilindrata superiore a 750 cc se a carburazione o iniezione a due tempi, o a 1.000 cc se a carburazione o a iniezione a quattro tempi fuori bordo, o a 1.300 cc se a carburazione o a iniezione a quattro tempi entro bordo, o a 2.000 cc se a ciclo diesel non sovralimentato, o a 1.300 cc se a ciclo diesel sovralimentato, comunque con potenza superiore a 30 kW o a 40,8 CV”.

IL MOTORE “INCRIMINATO”
Come avrete notato, l’aggiunta della parola “iniezione” cambia le carte in tavola per quanto riguarda i due tempi: non sono molti i modelli di fuoribordo che presentano queste caratteristiche, ma uno famoso c’è. E’ l’Evinrude e-Tec 40 cv, che è a iniezione diretta e conosce una certa diffusione nel panorama diportistico. In teoria, sulla base della nuova normativa ci sarebbe bisogno di patente nautica per condurlo perché la sua cilindrata è di 864 cc.

Un problema per che penalizza Evinrude ma soprattutto i possessori del motore in questione, come ha testimoniato un lettore sul Giornale della Vela:

…Il motore in questione è soltanto uno e solo di una casa costruttrice (Evinrude 40 cv e-tec), sebbene siano anni che è in commercio ora questa normativa penalizza tutti coloro che lo possiedono e non hanno la patente… infatti fino a qualche mese fa la guida era”libera”.
Io ho acquistato il suddetto motore pochi giorni prima dell’uscita di questa modifica normativa..non ho la patente come la stragrande maggioranza di coloro che lo possiedono magari da anni. Conclusione. barca in cantiere in attesa di un ragionevole dietro front… Spero che questa mia “precisazione” possa essere utile x riportare le cose come erano fino a poco tempo fa…”.

COTTARELLI, AIUTACI TU!
Quindi, alla fine, la domanda è: perché per l’e-Tec 40 ci vuole la patente e per gli altri 40 cavalli no? Permetteteci di sollevare un dubbio: dato per scontato che il legislatore non intendeva tirare un colpo basso alla Evinrude e a chi possiede un e-Tec 40 cavalli, e considerato che in termini di emissioni il fuoribordo è assolutamente nella norma e non inquina, chi si prenderà la briga di cambiare la normativa? Soprattutto adesso, che l’Italia è in balia di una situazione politica che definire instabile è un eufemismo? A questo punto non resta che rivolgerci a lei, caro (forse) premier Cottarelli! Oltre ai mille problemi ben più gravi che avrà da risolvere, non faccia passare in cavalleria anche questo!

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Grand Soleil Cup: 70 barche per un unico grande amore

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Quando gli armatori e gli appassionati di un determinato cantiere si riuniscono per un evento/regata è una festa. Se il cantiere in questione è uno delle eccellenze italiane e il luogo d’incontro è uno dei più belli d’Italia la festa allora è doppia. L’edizione record della Grand Soleil Cup si è appena conclusa: 70 barche sulla linea di partenza per la 18esima edizione della regata del Cantiere del Pardo. Una grande festa per tutti gli amanti Grand Soleil Yachts resa possibile grazie all’ospitalità della Marina di Cala Galera, del Circolo Nautico e della Vela Argentario e della Pierservice.

E anche se il vento non è stato grande protagonista, latitante soprattutto nella seconda giornata, poco importa perché è bastato per creare il clima di allegria e partecipazione che un grande evento come questo deve avere. In acqua alcuni dei modelli storici Del Pardo di fianco ai più moderni e recenti: dal GS34 Why Not disegnato da Jean Marie Finot nel 1976 dell’armatore Andrea Stella, all’attesissimo GS34 Race Poderacer, costruito interamente in carbonio, appena varato e che ha esordito nella sua prima regata proprio nelle acque dell’Argentario. Tra i modelli più recenti, ben sette Grand Soleil 46 LC, due nuovissimi Grand Soleil 52 LC e due Grand Soleil 58, varati tra il 2016 e il 2018.

Una regata che ha visto non solo competere, ma anche festeggiare insieme oltre 500 appassionati Grand Soleil provenienti da diverse nazioni, tra cui Belgio, Germania, Svizzera e Porto Rico.

Sabato 26 maggio, primo giorno di regata, si è tenuta la cosiddetta “Lunga”, una regata costiera che ha visto la circumnavigazione dell’isola di Giannutri, in uno spettacolo di natura e colori. Primo a tagliare il traguardo in tempo reale il Grand Soleil 58 Leaps&Bounds.

Domenica 27 maggio, invece, il calo e l’assenza di vento hanno causato l’annullamento della prova tra le boe, che aveva preso il via al largo di Cala Galera.

LE CLASSIFICHE

VELE BIANCHE
VELE BIANCHE – CLASSE 2
1° Walle-E – GS 39 Maletto – Rocchi
2° – Morgana – GS 40 Paperini – Di Tarzia Di Belmonte
3° – Smania 2 – GS 43 J&J – Bonanni

VELE BIANCHE – CLASSE 1
1° – Alisea – GS 46.3 – Baroni
2° – Sunflo – GS 46 B&C – Feliziani
3° – Meissa III – Grand Soleil 52 LC – Degenhardt

 

GRAN CROCIERA
GRAN CROCIERA – CLASSE 2:
1° – Mary Ann II – GS 43 J&J – Luciano
2° – Naftalina – GS 43 B&C – Carpeggiani
3° – Selvaggia – GS 40 B&C – Van Der Eyde

GRAN CROCIERA – CLASSE 1:
1° – Leaps & Bounds – GS 58 – Blan Plain
2° – Fenice II – GS 58 – De Felice
3° – Niquida – GS 43 OT – Merlini
REGATA  IRC 
IRC – CLASSE 2:
1° – Vag 2 – GS 40 B&C – Canova
2° – Podracer – GS 34 Race – Manni
3° – Aigylion – GS 34 – D’Ubaldo

REGATA IRC – CLASSE 1:
1° – Javal 2 – GS 43 Maletto – Gioia
2° – Luduan – GS 46 B&C – De Crescenzo
3° – Rosmarine 2 – GS 46 B&C – Acernese

 

REGATA ORC 
1° – Javal 2 – GS 43 Maletto – Gioia
2° – Luduan – GS 46 B&C – De Crescenzo
3° – Rosmarine 2 – GS 46 B&C – Acernese

 

CLASS 58 
1° – Leaps & Bounds – GS 58 – Blan Plain
2° – Fenice II – GS 58 – De Felice

CLASS GS 52 LC
1° – N’Ipa – GS 52 LC – Crevatin
2° – Meissa III – GS 52 LC – Degenhardt

CLASS GS 46 LC 
1° Nau Blu 2 – GS 46LC – Luccarelli
2° – Flying 2 – GS 46LC – Simonetti
3° – Reset – GS 46LC – De Sole

www.grandsoleil.net

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Bavaria, gli importatori italiani: “Soluzione positiva in tempi rapidi, le consegne vanno avanti”

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A seguito della vicenda Bavaria (su internet se ne sono dette di tutti i colori, qui avevamo fatto chiarezza sulla situazione del cantiere, la cui produzione resta a regime), gli importatori italiani Bavaria ci tengono a ribadire “la forte presenza sul mercato e l’immutata disponibilità ad un pronta ed efficiente assistenza verso i nostri armatori, presenti o futuri. Questo per rispondere ad illazioni e voci diverse che circolano sul web”.

Ecco il comunicato congiunto degli importatori italiani Bavaria

Le ultime notizie da Bavaria confortano il percorso già indicato dal cantiere. Le barche pronte sono state consegnate e quelle ordinate e ancora da costruire sono nelle linee di produzione e stanno procedendo al completamento. Ovviamente ci sono stati alcuni ritardi dovuto soprattutto al momento del subentro del nuovo amministratore che ha dovuto fermare e fotografare la situazione per poi procedere. La situazione in Italia è simile a quella degli altri paesi, abbiamo già consegnato alcune barche e stiamo proseguendo nella consegna delle prossime con ad oggi qualche ritardo rispetto a quanto previsto, e ce ne scusiamo, ma che rimane comunque all’interno di quanto accade nella normale produzione di qualsiasi cantiere.

Per il futuro, con il contributo del Cantiere stiamo preparando la prossima stagione, a cominciare dai saloni di Cannes e Genova, dopo aver partecipato comunque con i nuovi modelli al Velafestival di S.Margherita che ha confermato l’ottima risposta degli appassionati di vela alla nuova serie C.

Non nascondiamo le difficoltà del momento ma molti segnali vanno nella direzione di una soluzione positiva in tempi molto rapidi e che tutti noi ci auspichiamo.

Approfittiamo per ringraziare tutti coloro che ci hanno dato la loro solidarietà e che hanno capito che la mancanza di un grande cantiere come Bavaria sarebbe una perdita per tutta la nautica e che nessuno ne ricaverebbe vantaggio.

Purtroppo dobbiamo anche segnalare che una parte della stampa, per fortuna un caso isolato, ha ritenuto di enfatizzare le difficoltà creando una sorta di allarme presso i clienti  Bavaria e abbiamo ritenuto opportuno non alimentare affermazioni spesso poco attinenti alla verità riscontrate negli articoli usciti evitando ulteriori comunicazioni con quel tipo di stampa.

Siamo comunque sempre a disposizione dei nostri Clienti e di tutti gli appassionati per qualsiasi informazione o assistenza  come d’altronde ben sanno i nostri Armatori.

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Generazione Oceanis: Beneteau pronta al lancio del nuovo 46.1

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La firma è sempre degli “archistar” Finot-Conq e il design è in scia a quello dell’apprezzato 51.1 ovvero un scafo con un redan, uno spigolo, piuttosto alto sull’acqua. Stiamo parlando della new entry in casa Beneteau, il nuovo Oceanis 46.1 che verrà presentato in anteprima mondiale in Australia e poi sarà in esposizione nei principali saloni europei autunnali.

Una barca che va a sostituire il bestseller Oceanis 45 e arricchisce la gamma della nuova generazione “.1” voluta dal cantiere. Barche che hanno assorbito parte dello spirito First migliorando le prestazioni viste in passato, con una rinnovata ricerca degli spazi e cura dei particolari.

A proposito di spazi, parlavamo del redan, lo spigolo alto che corre lungo la fiancata. non si tratta di una semplice scelta estetica, tutt’altro, è una voluta opzione funzionale: lo spigolo aumenta infatti gli spazi interni e al tempo stesso garantisce stabilità quando la barca naviga sbandata, svolgendo così una piena doppia funzione.

Spazio poi alla ricerca della pulizia in coperta, con tutte le manovre che corrono a scomparsa, e alla semplicità delle manovre con due winch primari vicini ai timoni e fiocco autovirante a prua.

Lungh. f.t. 14,60 mt

Lungh. scafo 13,65 mt

Immersione 1,75-2,35 mt

Dislocamento 10.597 kg

Sup. vel. bolina 90 mq

www.beneteau.com

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Armo senza randa = più spazio in coperta e una crociera più comoda

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Vi ricordata della barca senza randa (né “albero”) che tanto vi ha fatto discutere? Quella che all’inizio era nata come una provocazione, ha finito per affascinare il bulgaro Ivan Dimov che, avendo letto del progetto sul Giornale della Vela ha deciso di armare la sua microbarca con l’armo ideato da Daniele Vitali e Marco Pizzoglio (V-Twin) per fare il giro del mondo. E adesso, i due progettisti si rivolgono al mondo della crociera, delle barche di serie e del charter. Ci ha scritto Vitali:

RANDA ADDIO, ANCHE IN CROCIERA
In breve ricapitoliamo che cosa è accaduto. Dall’osservazione di come viene sempre più frequentemente utilizzata la barca in crociera utilizzando il solo fiocco, nasce una provocazione: perché non usarne due ed eliminare la randa (QUI L’ARTICOLO). Lo schema di albero bipode e doppio fiocco viene adattato ad uno scafo che farà il giro del mondo senza scalo in solitario. I test del prototipo danno ragione alle previsioni prestazionali di progetto (QUI L’ARTICOLO)

E veniamo ad oggi. I confortanti risultati ci spingono ad approfondire lo sviluppo di questo layout verificando per esempio i pro e i contro nell’ergonomia in una ipotetica applicazione su una barca di serie. Il target : crociera e charter. Prendiamo in esame un 34 piedi .

Partiamo dalla taglia più complessa dove tutto deve essere necessariamente calibrato per ottenere le famigerate tre cabine mentre nelle taglie superiori tutto risulta più facile. Sappiamo tutti che lo spazio é ciò che più condiziona la vita a bordo quindi partiamo da una analisi di fruizione delle superfici sia interne che esterne.

CON L’ARMO A SLOOP
In uno Sloop, in condizioni statiche come ad esempio in banchina o alla fonda è utilizzabile il 100% degli interni e circa il 40% della coperta considerando il pozzetto e la superficie a prua via dell’albero generalmente utilizzato come prendisole, a volte ostacolata da osteriggi sporgenti per esigenze tecniche. In movimento invece sono pochi quelli che riescono a fruire senza problemi di stomaco dell’accogliente involucro dondolante quindi consideriamo abitabile il solo pozzetto.

CON IL V-TWIN
Con l’armo V-Twin gli interni rimangono per lo più identici con un eventuale piccolo svantaggio nella zona centrale della dinette in corrispondenza del tavolo ove si rendesse necessario un piccolo  ribassamento per agevolare l’abitabilità “al piano superiore” senza alzare la tuga. Come nota positiva non avremmo nessun prolungamento di albero o puntoni a traforare il tavolo e possibilità di ampie superfici vetrate.

In movimento: il problema all’interno persiste ma conquistiamo spazi esterni raggiungendo il nostro “dehor”, la terrazza del piano rialzato. Qui il dato più interessante, evidenziato nel disegno é una  fruibilità del 60/70% della coperta contro i 30/40 della versione sloop. Questo dato é uno dei fattori chiave perché l’utlizzo della barca da crociera è nella maggior parte dei casi nei mesi estivi quindi immaginiamo che migliorare la vivibilità esterna sia un traguardo importante.

Sentiamo già nelle orecchie i “complimenti” che faranno i velisti puri e regatanti ma stiamo parlando di un tipo di barca specifico per un utilizzo tranquillo e soprattutto semplificato. La terrazza, sullo sloop dedicata esclusivamente alla funzionalità di albero, vang e manovre, è tutto spazio conquistato e avrebbe un arredo semplice composto da cuscinerie e piccoli piani di appoggio a scomparsa ed utilizzata come prendisole e area snack.

Prossimo Capitolo : prestazioni-tecnica-manovre.  Stay tuned

Daniele Vitali, Marco Pizzoglio

http://vitalidesign.blogspot.com/

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“Io le faccio così”. Intervista a Luciano Gandini, patron di Mylius

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“Le nostre barche le puoi usare come una 500 o come un’auto da corsa, come una Lamborghini”. Sta in questo paragone automobilistico la filosofia vincente di Mylius, fenomeno emergente tra i cantieri italiani, leader nella fascia “alto di gamma” della vela mondiale. Ce la racconta Luciano Gandini, 63 anni, patron di Mylius dal 2011. Siamo a bordo del nuovo 60 piedi (18 metri) che segna una nuova generazione, ma di questo ne parleremo dopo. Luciano, assieme alla figlia Valentina, ci ha mostrato il cantiere dove nascono i Mylius, a Podenzano, in provincia di Piacenza.

Sembra di essere in un ospedale dei film americani invece che in un tradizionale cantiere nautico. Ampi spazi dove non c’è un grammo di polvere, ogni cosa è al suo posto, ogni ciclo di lavorazione ha il suo reparto. Luciano si concentra sulla piastra d’acciaio dell’entrata/uscita dell’acqua del serbatoio, appena montato. “E’ quello che usano sulle Ferrari di Formula Uno e degli elicotteri Apache” ci svela. Chissà quanto costerà rispetto ad uno tradizionale.

Mentre discute con un operaio su come montare la piastra con una soluzione ingegnosa che sicuramente costerà parecchie ore di lavoro in più rispetto ad una soluzione più semplice ma meno sicura, ci svela la sua ossessione. “La qualità. Questa è e deve essere la matrice che ci rende diversi da tutti. Le nostre barche sono leggere, veloci, belle. Anche altri hanno queste caratteristiche. Ma quello che ci rende unici è la continua ricerca della massima qualità, non solo nei materiali e nella lavorazione, ma anche nei dettagli. Questo fa, secondo noi, la differenza. E poi l’innovazione. Negli interni, ad esempio, siamo stati i primi ad aver utilizzato le porte scorrevoli in una barca. Strano, ma non ci aveva ancora pensato nessuno, così si guadagna spazio utile”.

Mentre parla con una passione tutta piacentina (è emiliano doc) accarezza la tuga del nuovo 60, ci fa vedere cosa è cambiato rispetto alla generazione precedente: più bassa con nuove aperture, fonte di luce. “I maligni dicono che le nostre barche sono poco marine. Ma cosa vuol dire? Noi rispettiamo la tradizione ma non vogliamo restare legati al passato. Altrimenti perché dovrebbero comprare le nostre barche, ci sono cantieri con tradizione ben più consolidata della nostra. E poi, i nostri prodotti nascono da un dialogo costante con gli armatori, non facciamo barche tutte uguali, ma le moduliamo secondo le loro esigenze”.

Con orgoglio Luciano Gandini, mentre impugna il timone del ‘60 in costruzione, ci parla del prossimo ‘60, il primo Mylius con chiglia basculante. Sarà il nuovo Cippa Lippa, un nome famoso di una barca vincitrice in tante regate. Il precedente Cippa Lippa era un Cookson 50 con, appunto, la chiglia basculante. Se l’armatore ha scelto un Mylius quale suo nuovo bolide, ci sarà un motivo.

Gandini, prima di salire sul Mylius 60, ci ha parlato di come è nata la follia di prendere la maggioranza di un cantiere e ci ha svelato la sua passione per l’agonismo, caratteristica della sua indole. Perché eravamo curiosi di capire qual è stato il precorso che lo ha portato a cimentarsi nel mondo della nautica, non certo famoso per la redditività che genera per un imprenditore. Perché Luciano Gandini è anche e soprattutto un imprenditore di successo, che ha costruito la sua fortuna inventando quella maniglietta che permette alle confezioni da sei di bottiglie d’acqua di essere portate senza fatica. Le macchine per produrle le vende in tutto il mondo, assieme ad altri innovativi prodotti per il packaging.

Un impero solido di aziende che esportano nel mondo l’85% della propria produzione. Le altre aziende della galassia Gandini sono lì, a pochi passi dalla sede del cantiere. “Il trasferimento di know how dalle altre nostre realtà verso Mylius è stato notevole ed è continuo” ci dice con orgoglio Gandini. Un altro dei segreti del successo di Mylius, che sino ad oggi ha già varato quaranta barche, lo individuiamo quando ci facciamo raccontare la carriera velica di Luciano. Perché lui stesso è un armatore e quindi conosce bene quali sono le aspettative e le esigenze di un acquirente delle sue barche.

“Ho iniziato, all’inizio degli anni ‘90, sul lago di Garda. Un giorno un amico, Mario Pettoello, mi invita sul suo Comet 333 che teneva a Porto Santo Stefano. Partecipiamo ad una regata all’isola del Giglio. Non vinciamo, ma ci giuriamo che avremmo vinto una regata. Così, mentre continuavo ad andare in barca in crociera, per puro piacere della vela, nascono le mie barche, i Twin Soul. Adesso sono già nove. Dopo il passaggio tra Beneteau e Grand Soleil, mi imbatto in un Mylius 14.55. Mi piace, lo compro. Con quello vincerò, mi dico. Così è successo, sino ad arrivare al punto di svolta, quando decido partecipare al campionato mondiale Mini Maxi a Porto Cervo con un nuovo Mylius, il Twin Soul 6, un 65 piedi (20 metri).

Non solo divento l’armatore, ma anche il socio di maggioranza del cantiere, che allora aveva sede a Gaeta. Nel 2011 portiamo il Twin Soul 6 al Salone di Genova, il successo è immediato”. Noi c’eravamo quei giorni a Genova e ci rendemmo conto subito che quella barca segnava un punto di svolta, una nuova via ai modelli “premium”, una visione diversa e personale, che se aveva un punto di contatto con l’esistente, era con i prodotti Wally di Luca Bassani. Ma se i prodotti Wally erano assolutamente elitari, i Mylius erano, per quanto possibile, accessibili ad un pubblico più vasto.

Ma ci sarà qualcosa che Luciano Gandini non si aspettava quando ha deciso di diventare un imprenditore nautico? “Io vengo dalla produzione industriale con una componente essenziale: l’automazione. Mi sono reso conto che tutto questo poteva essere applicato all nautica in termini di precisione, controllo qualità, efficienza. Ma costruire una barca resta ancora un lavoro in cui il lavoro artigianale è preponderante ed essenziale. E’ per questo che noi abbiamo bravissimi artigiani che lavorano sulle nostre barche. Gente unica”. La forza del made in Italy è anche e soprattutto questa. Ed è questo uno dei segreti del successo di Mylius.

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RS Zest e Cat 14: il divertimento alla portata di tutti

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Semplificare la vita delle scuole vela e delle famiglie con una barca divertente, ma facile da armare e condurre. Dev’essere stata questa la costante nella mente del cantiere britannico RS mentre lavoravano agli ultimi due modelli, Zest e Cat 14. Sono andato a provarli tutti e due sul lago d’Iseo per vedere i risultati raggiunti da questi nuovi progetti. Le condizioni meteo non sono state particolarmente generose, con un vento che ha raggiunto al massimo gli 8 nodi, ma più che sufficienti per provare queste i due nuovi modelli.

A prima vista Zest è compatta e leggera, ma molto voluminosa e ciò consente di avere grande stabilità e galleggiamento anche con un equipaggio formato da persone adulte. Stupisce subito la semplicità e la velocità con cui si arma. Partendo da poppa la prima peculiarità è la pala basculante, che in caso di contatto con il fondale si solleva automaticamente per non creare danni (la deriva lavora nello stesso modo). L’albero è diviso in due parti e viene inserito nella randa come per i windsurf. Le stecche sono posizionate in verticale per potere arrotolare facilmente la randa sull’albero.

 

Un altro “assist” agli istruttori delle scuole vela è il bottone posizionato sul timone che permette  un rapido bloccaggio e sbloccaggio di femminelle e agugliotti. Con RS Zest il cantiere britannico torna ad avere la scotta con l’archetto a centro barca, evitando il passaggio del circuito da poppa, potenzialmente d’ostacolo durante le manovre. L’RS Zest è dotato anche di un fiocco, velocissimo da armare (una drizza con bitta sull’albero) e facile da regolare.

Novità: ecco il sistema di fissaggio dell’albero

1. Si appoggia il piede d’albero alla base

2. Si fissa l’albero con una rapida chiusura: la peculiarità è che quando il sistema è in sicurezza compare un bottone giallo che ci conferma che tutto è bloccato. Per togliere l’albero è poi necessario premere il pulsante

3. Si aggiunge un semplice spinotto di sicurezza

A questo punto la barca è armata e sono pronto per uscire in acqua. Il vento non è particolarmente intenso, ma alcune raffiche intorno ai 6 nodi fanno subito partire Zest.  Studiata per le scuole vela e le famiglie, la conferma arriva dalla grande manovrabilità e stabilità, grazie agli ampi volumi che migliorano il galleggiamento, permettendo anche ad un adulto di muoversi agevolmente. Essendo un metro e novanta noto con piacere che il boma è molto alto, accorgimento che aumenta la sicurezza soprattutto in caso di bambini a bordo, ma non solo. La navigazione nonostante il poco vento presente è piacevole e divertente, soprattutto quando il vento fa registrare due nodi in più. Dura poco e decido di scuffiare Zest: la struttura “a scalino” dei bordi rende questa barca più difficile da scuffiare che non da rimettere dritta. Test concluso, peccato per il vento: con un po’ di pressione Zest è una barca semplice da portare, ma molto divertente.

Rientro con Zest ed mi preparo per uscire subito con RS Cat 14, fratello minore del Cat 16, primo catamarano costruito da RS. Anche in questo caso la parola chiave nella mente del cantiere è stata “semplicità”, sia a terra che in acqua.

La principale innovazione (spiegata nel video qui sopra) è nel sistema di fissaggio delle traverse, le barre metalliche perpendicolari agli scafi, che li tengono uniti. Proprio i due scafi sono stati disegnati con una venatura laterale  nella quale vengono fissate le viti (che collegano scafo e traverse) senza passare all’interno della struttura e lasciando tutto a vista, quindi più facilmente smontabile.

L’altro punto forte è l’armo del trampolino – la rete centrale dove si sta in navigazione – che è divisa in due per semplificare il fissaggio. Basta far passare una cimetta e bloccarla nei due strozzatori sotto le traverse. Oltre a queste novità il catamarano è classico, armato con randa, fiocco e gennaker con anche un trapezio per il prodiere. Ogni manovra da quelle fisse (drizze) a quelle correnti (scotte) è demoltiplicata per ridurre al minimo lo sforzo. Per lo stesso motivo la canaletta dove viene inferita la randa è leggermente piegata nella parte iniziale, per far scorrere meglio la vela.

L’uscita è breve perché il vento nel frattempo sta calando ancora e riesco a sfruttare Cat 14 solo per pochi bordi. Alla prima raffica isso il gennaker ed il risultato è sorprendente: il catamarano scivola sull’acqua che è un piacere. Il vento mi da scarso e decido di ammainare, per provare una virata. Con la sola inerzia riesco a portarmi sulle altre mure senza sforzi, nota molto positiva in un catamarano, soprattutto in quelli per famiglie e scuole vela. Anche in questo caso vale lo stesso discorso di Zest: ci sono tutti gli ingredienti per divertirsi con una barca davvero semplice da condurre, da armare e da portare in viaggio, adatta ad ogni livello.

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Caro ministro si dia da fare: scopra perché non c’è ancora il registro telematico!

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Caro ministro Toninelli,

non so se lei, cremonese di nascita, sia un appassionato di mare e di nautica da diporto.

Ma lei è la persona giusta al quale mi rivolgo in qualità di nuovo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che nella passata legislatura assommava le competenze di tutto ciò che ha a che fare con i nostri mari. Penso quindi che lei sia la persona giusta per sollecitare un urgente intervento, da mettere in cima alla sua agenda e non da rifilare in fondo, come hanno fatto spesso i suoi predecessori, convinti che questo che sto per dirle sia poca cosa.

Le spiego in breve cosa sta succedendo, un fatto che ci fa ridere dietro da tutt’Europa, comunitaria e non, che ci fa perdere soldi per la Nazione e credibilità internazionale. Siamo l’unico paese (forse) del mondo che non possiede un registro unico dove siano riuniti i dati relativi ad un’imbarcazione immatricolata.

Ministro, ha presente le pratiche per un’auto? Basta andare in qualunque ufficio abilitato, collegato al data base della motorizzazione, per sapere tutto sul qualsiasi veicolo: targa, proprietario, passaggi di proprietà, revisioni, ecc.

Bene, lo sa che per eseguire le stesse pratiche per chi possiede una barca bisogna recarsi presso la Capitaneria di Porto dove l’imbarcazione è immatricolata.

Pensi al disagio di un proprietario di Roma che deve recarsi alla Capitaneria di Venezia (dove l’imbarcazione è immatricolata) per eseguire una qualsivoglia pratica burocratica, senza avere la certezza che poi sia quello l’ufficio giusto a cui rivolgersi. E così ripartire da zero. La tipica odissea burocratica italiana.

Le sembrerà impossibile tutto ciò, nell’epoca della digitalizzazione e della circolazione dei dati a disposizione di tutti, ma è proprio così. La nautica da diporto non ha nulla di tutto questo. Non ha, nel 2018, un Registro Unico dati riguardanti le imbarcazioni da diporto. Sono relegati, nascosti, nei registri cartacei di 104 Capitanerie di Porto che non dialogano tra loro.

Eppure, lo sappia, a febbraio 2018 è passata definitivamente, approvata dal parlamento precedente, la riforma del Codice della Nautica che dava il via libera -buoni ultimi – alla nascita del Registro Telematico della Nautica.
Questo colpevole ritardo crea a cascata una serie infinita di problemi per il cittadino, figura molto cara a voi Governo del cambiamento. Per fargliela breve, capirà che così qualsiasi pratica relativa alla licenza di navigazione diventa un inferno per noi poveri proprietari di barche.

C’è un colpevole? Ci arriva voce che il vero problema che impedisce la nascita del benedetto Registro delle imbarcazioni non siano i costi di digitalizzazione. Lei, che sicuramente usa un qualsiasi foglio di calcolo sul suo computer capirà che oggi immettere dei dati e condividerli non è un costo esorbitante, ne è necessario un tempo infinito.

Il problema di questa situazione sembra siano le Capitanerie di Porto, restie a “mollare” i dati. Ministro Tonelli la prego di controllare se queste voci sono vere, magari facendo una chiamata al suo omologo della Difesa, il ministro Elisabetta Trenta, per poi concordare un incontro con il Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Valter Girardelli, da cui dipendono le Capitanerie di porto.

Solo così si capirà perché una legge approvata non ha ancora trovato applicazione. Ministro, se poi vuole avere qualche consiglio tecnico per accelerare la digitalizzazione del Registro Telematico Centrale della Nautica si ricordi che Lo Stato Italiano si è dotato di un dipartimento che si chiama Agenzia Digitale diretto da una persona di grandi capacità che si chiama Antonio Samaritani (speriamo venga riconfermato), nato proprio per favorire i processi di dialogo informatico tra soggetti pubblici. Hanno un bilancio di 220 milioni di euro con 95 dipendenti capaci. Per loro sarebbe un gioco da ragazzi far funzionare tutto in quattro e quattr’otto.

Ma prima, glielo ricordo ancora, faccia una bella riunione con il Ministro della Difesa, con il Capo di Stato Maggiore della Marina e con il responsabile delle Capitanerie di Porto. Così capirà chi e cosa rallenta questo processo, essenziale per la crescita del diporto in Italia. Altrimenti non se ne viene a capo  di nulla.

Con gli speranzosi saluti di tutti i diportisti italiani, attendiamo sue nuove.

Luca Oriani

 

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L’alluminio è per sempre. Torna di moda un materiale che ha fatto la storia della nautica

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Nell’era dei materiali compositi ad altissima tecnologia costruttiva, nell’era della diffusione su ampia scala del carbonio, c’è spazio ancora per il “demodè” alluminio? Pare proprio di si e lo confermano alcuni cantieri storicamente dediti alla costruzione in alluminio che, dopo un periodo di inevitabile crisi, sembrano tornati in pista alla grande con il lancio di nuovi modelli e soprattutto continuano ad avere un pubblico di velisti affezionati alle barche di questo tipo.

Barche da lunghissime navigazioni, robuste, rigide e molto marine, pensate per affrontare i mari di tutto il mondo e perfette per vivere a bordo tutto l’anno. E la novità è che ormai non si tratta più solo di monoscafi, ma anche di catamarani, e non solo prettamente da crociera.

Allures 45.9

Disegnata da  da Berret-Racoupeau Yacht Design e Franck Darnet per gli interni, è una barca tipicamente da crociera per le lunghissime navigazioni, il cosiddetto “blue water cruising”. Internamente è caratterizzata dal salone con vista panoramica e i layout disponibili sono in ben in varie versioni a due o tre cabine e uno o due bagni con box doccia separato. A prua non manca un crash box di sicurezza in caso di impatto, un elemento rassicurante per chi vuole solcare gli oceani che mai come negli ultimi tempi sono cosparsi di detriti di ogni genere molto pericolosi.

Lunghezza f.t. 14,75 m

Larghezza 4,43 m

Pescaggio 1,06/2,90 m

Dislocamento kg 12.600

Superficie velica 100 mq

Motore cv 55

http://www.allures.fr

Garcia Exploration 60

Un classico Deck Saloon tutto da vivere, che si caratterizzerà per la tipica luminosità interna tipica delle barche con tuga a finestrata continua con visuale quasi a 360 gradi. Per Garcia Yachting, dopo il successo dell’Exploration 45 e 52, l’Exploration 60 rappresenta l’ammiraglia della gamma dedicata alle crociere di lungo raggio. La barca offre un ampio hard top con tettuccio verso poppa, un pozzetto con la zona di governo ben separata dalla zona di relax, un prendisole – perché l’Exploration 60 è disegnato anche per la crociera ai tropici – una vera e propria cucina e un salotto davvero ampio e confortevole.

Lungh: 19.50 m

Largh : 5.40 m

Immersione : 3.65/1.50 m

Dislocamento : 35 tonn

Sup. vel. : 170 mq

Motore : 180 cv

www.garcia-yachting.com

Explocat 52

Anche i catamarani possono essere di alluminio, anzi in linea teorica questo tipo di materiale si presta anche bene per la costruzione sui due scafi grazie alle grandi doti di rigidità che può conferire alla struttura. Progettato da Pierre Delion, è pensato per navigare intorno al mondo senza compromessi su sicurezza e comunità, grazie anche ai due crash box con compartimenti stagni. Il pozzetto è interamente riparato da un hard top, al fine di essere asciutto o comunque protetto dal vento, anche in condizioni molto dure. I volumi di prua sono affilati per non penalizzare le performance.

Lunghezza f.t. m 16,30

Larghezza m 8,50

Pescaggio m 1,50

Dislocamento t 19

Superficie velica n.d.

Motori 2 x 75 cv

www.garcia-yachting.com

Ovni Cat 48

Il cantiere francese Alubat, specializzato fin dal 1974 nella costruzione di imbarcazioni in alluminio, ha deciso di investire anche nel mondo dei catamarani, mantenendo però intatta la sua filosofia di barche solide e marine. Si chiamerà OvniCat 48 ed è un progetto firmato dallo studio francese Mortain&Mavrikios. Il cat non sarà dotato di fly e la timoneria è bassa a ridosso della tuga, quest’ultima è dotata di finestrata continua ideale per mantenere la continuità ideale tra spazi interni ed esterni. Disponibili vari lay out per gli interni, modificabili in base alle esigenze di utilizzo.

Lunghezza f.t. m 14,50

Larghezza m 7,90

Pescaggio m 1,35

Dislocamento a pieno carico t 12,5

Sup. vel. 137 mq

Motori 2 x 40 cv

www.alubat.fr

Ovni 450

La firma sul progetto è di Marc Lombard e prende spunto da uno dei modelli di maggior successo del cantiere, l’Ovni 445. Da questo nuovo modello il cantiere ha deciso di non puntare più solo ed esclusivamente sulla sicurezza e la marinità, elementi che restano comunque imprescindibili, ma dare spazio anche alla ricerca delle prestazioni con un piano velico più moderno e pronunciato e forme delle appendici più evolute.  La chiglia invece è nel tipico segno della tradizione Alubat, sarà sempre pivottante ed ermetica in un sistema stagno che garantisce l’assenza totale d’infiltrazioni a bordo.

Lungh. 13,95 m

Largh. 4,29 m

Pescaggio massimo 2,90 m

Dislocamento 11,5 tonn.

www.alubat.fr

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Che stile! Ecco come sarà il nuovo Maxi Dolphin 75

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Mettete insieme un armatore ambizioso ed esigente, un cantiere esclusivo di prestigio del made in Italy, un designer di fama mondiale autore di alcune delle più belle e performanti barche attualmente naviganti, uno studio di progettazione che ha firmato interni, e non solo quelli, per i più importanti cantieri al mondo, e il risultato di questo mix sarà il nuovo Maxi Dolphin 75 by Mills e Nauta Design.

LO STILE PRIMA DI TUTTO

La fuoriserie sportiva in stile super custom vedrà l’acqua a breve e dalle prime immagini di progetto diffuse si intuisce subito che il committente ha chiesto qualcosa di nettamente diverso rispetto all’altro 75 prodotto dal cantiere italiano, l’MD75 Bella Pita. La scelta di Mark Mills come designer del resto tradisce l’ambizione chiara di avere una barca ad altissime performance. E Mills ha risposto con il suo stile, con quelle svasature morbide su una poppa alta sull’acqua che contraddistinguono alcuni dei progetti Mills come per esempio il Wallycento Tango.

ESTETICA E INTERNI

Ed è proprio sullo stile dei maxi ad alte performance che è pensato il nuovo Maxi Dolphin: barca completamente flush deck, coperta all’insegna della più assoluta pulizia senza la minima manovra a vista, prua retta con flesso quasi negativo dotata comunque di buoni volumi per garantire performance elevate con vento forte alle andature portanti e una leggera svasatura dei bordi del ponte nell’estremità anteriore.

Una soluzione questa già vista, ma molto più estremizzata, nei super racer come l’IMOCA 60 Hugo Boss, funzionale ad offrire alla barca un profilo più aerodinamico per ricercare quei decimi di velocità in più che diventano molto importanti su barche di questo tipo. L’estetica della barca è completata da un bordo libero basso sull’acqua e ulteriormente aggraziata dalla serie di finestre sulla fiancata che mimetizzano ancora di più l’altezza. All’interno spazio al buon gusto e al design ricercato tipico di Nauta Design, che completa la serie di eccellenze della nautica che sono state coinvolte nella realizzazione di questa barca. Nessuna forzatura estetica, ma un design curato ed essenziale con un occhio alla leggerezza generale della barca senza dimenticare però quelli elementi tipici funzionali a dare “calore” agli interni di una barca tutta da vivere.

I NUMERI

Lungh. f. t: 22,86 m;

Baglio max: 6,10 m;

Pesc.: 2,8/4,8 m;

Disloc.: 26.000 kg;

Costruzione: Carbonio – Core Cell – Epoxy sottovuoto

Progetto: Mills Design

Cantiere: Maxi Dolphin www.maxidolphin.it

Interni: Nauta Design www.nautayachts.com

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Swan monta i foil! Ecco il nuovo e rivoluzionario Club Swan 36

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Quando Nautor’s Swan presenta un nuovo modello c’è sempre molta curiosità, a maggior ragione se si tratta della linea “Club” firmata dal vulcanico progettista Juan Kouyoumdjian. E in effetti chi si aspettava qualcosa di molto particolare dal nuovo Club Swan 36 non è rimasto affatto deluso, dato che la nuova barca a prima vista, e in attesa di vedere il primo scafo navigare dato che stiamo parlando ancora di un concept e dei primi disegni, appare come un concentrato di innovazione e tecnologia.

La scelta dei 36′ non è un caso, dato che ricorda il primo Swan Tarantella che era per l’appunto un 36 piedi. Il Club Swan 36 però non avrà nulla a che fare con il suo predecessore dato che la barca che sta nascendo, che sarà realizzata con la formula del monotipo, sarà un racer puro dotato di tecnologia foil. Non dei foil pensati per il “decollo ” vero e proprio ma solo per aumentare l’effetto “lift“, di sollevamento e riduzione della resistenza idrodinamica. Per il resto la sagoma del 36′ sarà indirizzata alla ricerca delle massime performance.

Spazio quindi alla svasatura del ponte e dei volumi anteriori e alla prua nettamente inversa, per garantire un profilo maggiormente aerodinamico e migliorare l’efficienza delle vele di prua. leggero spigolo a poppa per le lunghe planate sotto gennaker, doppio timone.

Il dislocamento sarà di appena 2500 kg, con una superficie velica prevista di bolina di 90 mq, 159 mq (con 103 di gennaker) alle portanti.

Scheda tecnica

LFT 11,00 m

LOA 10,50 m

Larg. 3,60 m

Pescaggio 2,75

Dislocamento scafo 2500 Kg

Dislocamento in navigazione 2950 kg

Zavorra 1400 Kg

Randa 56 mq

Fiocco 34 mq

Gennaker 104 mq

www.clubswan36.com

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